Prime riflessioni sul voto del 25 maggio
Bruno batte Daga con la strategia del divide et impera, in prima persona singolare.
Antonio BUd |
Ballottaggio: Votazione elettiva caratterizzata dal restringimento della scelta del collegio elettorale ai candidati, in genere due, che hanno ottenuto il maggior numero di voti (Enciclopedia Treccani).
Questo è il risultato consegnato dagli elettori algheresi alla città. A disputarsi il ruolo di prossimo sindaco di Alghero saranno dunque Mario Bruno e Maria Grazia Salaris.
Questo è il risultato consegnato dagli elettori algheresi alla città. A disputarsi il ruolo di prossimo sindaco di Alghero saranno dunque Mario Bruno e Maria Grazia Salaris.
Tutti gli altri concorrenti alla carica sono stati bocciati dagli elettori: il sindaco uscente Lubrano, il candidato del Pd, Daga, quello del M5S, Porcu e la candidata di Sel, Fiorella Tilloca.
A destra, tutto sommato, lo schieramento guidato da Salaris ha una sua omogeneità politica ed una guida certa, F.I, che pur perdendo circa un migliaio di voti rispetto alle regionali dello scorso febbraio – ma mantenendo gli stessi voti presi dal Pdl nel 2012 – resta il principale partito organizzato in città.
I problemi politici, invece, sono tutti all’interno del centrosinistra che si è presentato agli elettori suddiviso in quattro schieramenti diversi, l’un contro l’altro armati. La coalizione più forte, quella capeggiata da Mario Bruno, è il frutto di una abile strategia tessuta dall’ex consigliere regionale del Pd in prima persona singolare, al di fuori e contro il proprio partito. Tutte le altre componenti si sono presentate con una sola lista: il Pd, con Enrico Daga candidato a sindaco, Sel, con Fiorella Tilloca, e Patto civico, con Stefano Lubrano.
Ecco, quindi, la prima importante considerazione che deve essere fatta: perché a Sassari è stato possibile dar vita ad una coalizione estesa all’intero arco delle forze del centrosinistra fino ad includere una parte dei partiti indipendentisti, mentre ad Alghero, al contrario, la coalizione si è frantumata all’indomani delle elezioni regionali?
Per molte ragioni, naturalmente, alcune fin troppo evidenti (il marasma all’interno del Pd che dura da molti anni; l’incapacità del suo gruppo dirigente di gestire con intelligenza il partito e di guidare la coalizione), ma la ragione più importante in assoluto ha una parola sola: personalismo. Declinata, però, al plurale, come nello slogan della campagna elettorale di Mario Bruno: “in prima persona plurale”, con l’aggiunta di “maiestatis”. E, cioè, è prevalsa nel Pd e, di conseguenza, nel centrosinistra, la contrapposizione di personalismi che hanno impedito la nascita di una coalizione forte e coesa in grado di vincere (o, almeno, di provarci) le elezioni al primo turno. Esattamente come è accaduto a Sassari.
Ad Alghero, invece, lo scontro furibondo tra Bruno e Daga, che era stato momentaneamente sospeso per far fuori il capro espiatorio Lubrano, si è riacceso quando si è trattato di decidere il candidato a sindaco della coalizione. In quel momento, è successo di tutto. Sono state utilizzate tutte le tecniche e tutte le furbizie della vecchia (e nuova) partitocrazia per impedire che si arrivasse, attraverso un atto democratico (le primarie) a scegliere il candidato a sindaco dell’intera coalizione.
Nel frattempo, Mario Bruno, animale politico di prima grandezza, ha rotto gli indugi e ha messo in moto la propria strategia vincente. Che, in fondo, è quella solita, antichissima, molto in auge nell’antica Roma: divide et impera. Dividi e comanda. E così, sempre in gran segreto, ha lavorato alla disaggregazione della coalizione di centro-destra – azione indispensabile per non far vincere gli avversari – trascinando dalla sua parte l’UDC. Per i distratti: nel 2007, anno della grande vittoria al primo turno del sindaco Tedde, l’Udc risultò il secondo partito della coalizione, solo appena dietro FI.
Poi, ha lavorato alla creazione di una propria lista con il proprio nome nel simbolo – giusto per chiarire cosa significasse lo slogan “in prima persona plurale” (maiestatis) – , ha stretto un accordo con una parte della sinistra locale (Pdci, ex C’è un’Alghero migliore e una parte minoritaria di Sel), per coprirsi le spalle a sinistra, e, infine, ha portato dalla propria parte un paio di componenti di area cattolica (UPC e CD) che, naturalmente, potevano trovare collocazione in una coalizione che, di fatto, ricostruiva la vecchia Dc, di cui Mario Bruno è stato esponente per un lungo periodo, prima di approdare, sempre attraverso la componente cattolica legata a Arturo Parisi, nel Pd, passando per il “Progetto Sardegna” di Soru.
Ora, in una città e in un centrosinistra che appaiono sempre in debito con la memoria, qualcuno potrebbe stupirsi di questa “capacità politica” di Mario Bruno. Ci si stupisce, appunto, solo perché non si conserva memoria delle cose. E pensare che, neppure due anni or sono, Mario Bruno aveva dato prova di essere bravissimo nell’arte del dividere per comandare. Nel 2012, infatti, quando tutti chiedevano che si candidasse a sindaco, lui si inventò la candidatura di Lubrano. Quella volta, infatti, non si candidò in prima persona plurale majestatis perché non poteva abbandonare il Consiglio regionale. Lasciare però campo libero a Daga sarebbe stato rischioso. Dunque, si rendeva necessario divedere per dominare. Individua, nell’ormai celebre distributore di Giave, un esponente algherese di CONFINDUSTRIA che si era schierato alle regionali per Cappellacci e gli propone la candidatura a sindaco, promettendogli che vincerà le primarie e le elezioni. Le primarie, naturalmente, rappresentavano il primo delicato ostacolo da superare, quello più a rischio. C’era in campo la candidatura di Daga e si prospettava una candidatura femminile forte, espressione di un progetto politico nuovo e con un notevole appeal elettorale che era l’aggregazione nata sotto lo slogan del “Buon Governo”.
Per far vincere Lubrano, dunque, sarebbe stato necessario dividere il fronte avversario. Ed ecco che spunta, in funzione anti Daga (nel Pd) la candidatura Scala e, nell’altro fronte, si verifica, inspiegabilmente, la frattura nel “Buon governo” con due candidature femminili (Accardo e Serra). Qualcuno avrà lavorato dietro le quinte o in prima persona plurale per ottenere questo risultato?
Magari, ci si può chiedere se tutto ciò abbia qualcosa a che fare con i problemi della città, con gli interessi generali, con il governo della cosa pubblica. Ma, se come dice(va) Grillo prima dell’ultima sconfitta, con quella sua vocina stridula e la cadenza genovese: “Siamo in guerra”, la politica, evidentemente, si fa come se fosse una guerra. E, dunque, “a la guerre com à la guerre”, bisogna adattarsi alle circostanze e usare gli strumenti necessari per vincere (vedi, ad abundantiam, Machiavelli).
I risultati elettorali, però, cioè la realtà viva, ripropongono inesorabilmente questioni che sembravano superate. Bruno, per vincere al ballottaggio, ha bisogno di voti. Ha bisogno anche dei voti del Pd, di quelli di Sel, di quelli di Lubrano e anche di quelli dei Riformatori che si sono schierati col Pd.
Li chiederà? Sarà disponibile ad apparentamenti? Vedremo. Dalle prime dichiarazioni subito dopo il voto sembrerebbe assodato che si rivolgerà ai cittadini. Intanto, però, le diplomazie sono al lavoro per evitare rischi a tutto il centrosinistra. Il segretario regionale del Pd, Lai, dichiara che il partito ad Alghero dovrà sostenere Bruno. Salis e Daga tacciono. Gli altri del centrosinistra non si sono ancora pronunciati. Nonostante le dichiarazioni propagandistiche, dunque, è assai prevedibile un turbinio di incontri tra tutte le componenti del centrosinistra, per definire gli accordi possibili in vista del ballottaggio.
In queste circostanze, siccome le vie della politica possono essere “imperscrutabili”, gli accordi (eventuali) potrebbero portare al sacrificio di qualche consigliere comunale già virtualmente eletto e a qualche concessione sugli assetti. Ma l’unica cosa che ormai non è più oggetto di contesa è il ruolo del sindaco. Ciò che voleva Mario Bruno. Quindi, nella disfida interna al Pd locale, Mario Bruno ha stravinto e Daga ha perso. I cocci, all’interno del Pd, sono ancora molti e andranno ricomposti. Occorrerà, per farlo, non solo vincere le elezioni e governare, ma anche cambiare radicalmente spartito e musica. Le prime persone, singolari o plurali che vogliano definirsi, sono sempre deleterie, elementi di degradazione della politica e, alla lunga, di sconfitte. Qualche giorno fa, lo stesso papa Bergoglio ammoniva che “l’ambizione genera correnti e settarismi” e che “È vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso”. Un grande papa.
A destra, tutto sommato, lo schieramento guidato da Salaris ha una sua omogeneità politica ed una guida certa, F.I, che pur perdendo circa un migliaio di voti rispetto alle regionali dello scorso febbraio – ma mantenendo gli stessi voti presi dal Pdl nel 2012 – resta il principale partito organizzato in città.
I problemi politici, invece, sono tutti all’interno del centrosinistra che si è presentato agli elettori suddiviso in quattro schieramenti diversi, l’un contro l’altro armati. La coalizione più forte, quella capeggiata da Mario Bruno, è il frutto di una abile strategia tessuta dall’ex consigliere regionale del Pd in prima persona singolare, al di fuori e contro il proprio partito. Tutte le altre componenti si sono presentate con una sola lista: il Pd, con Enrico Daga candidato a sindaco, Sel, con Fiorella Tilloca, e Patto civico, con Stefano Lubrano.
Ecco, quindi, la prima importante considerazione che deve essere fatta: perché a Sassari è stato possibile dar vita ad una coalizione estesa all’intero arco delle forze del centrosinistra fino ad includere una parte dei partiti indipendentisti, mentre ad Alghero, al contrario, la coalizione si è frantumata all’indomani delle elezioni regionali?
Per molte ragioni, naturalmente, alcune fin troppo evidenti (il marasma all’interno del Pd che dura da molti anni; l’incapacità del suo gruppo dirigente di gestire con intelligenza il partito e di guidare la coalizione), ma la ragione più importante in assoluto ha una parola sola: personalismo. Declinata, però, al plurale, come nello slogan della campagna elettorale di Mario Bruno: “in prima persona plurale”, con l’aggiunta di “maiestatis”. E, cioè, è prevalsa nel Pd e, di conseguenza, nel centrosinistra, la contrapposizione di personalismi che hanno impedito la nascita di una coalizione forte e coesa in grado di vincere (o, almeno, di provarci) le elezioni al primo turno. Esattamente come è accaduto a Sassari.
Ad Alghero, invece, lo scontro furibondo tra Bruno e Daga, che era stato momentaneamente sospeso per far fuori il capro espiatorio Lubrano, si è riacceso quando si è trattato di decidere il candidato a sindaco della coalizione. In quel momento, è successo di tutto. Sono state utilizzate tutte le tecniche e tutte le furbizie della vecchia (e nuova) partitocrazia per impedire che si arrivasse, attraverso un atto democratico (le primarie) a scegliere il candidato a sindaco dell’intera coalizione.
Nel frattempo, Mario Bruno, animale politico di prima grandezza, ha rotto gli indugi e ha messo in moto la propria strategia vincente. Che, in fondo, è quella solita, antichissima, molto in auge nell’antica Roma: divide et impera. Dividi e comanda. E così, sempre in gran segreto, ha lavorato alla disaggregazione della coalizione di centro-destra – azione indispensabile per non far vincere gli avversari – trascinando dalla sua parte l’UDC. Per i distratti: nel 2007, anno della grande vittoria al primo turno del sindaco Tedde, l’Udc risultò il secondo partito della coalizione, solo appena dietro FI.
Poi, ha lavorato alla creazione di una propria lista con il proprio nome nel simbolo – giusto per chiarire cosa significasse lo slogan “in prima persona plurale” (maiestatis) – , ha stretto un accordo con una parte della sinistra locale (Pdci, ex C’è un’Alghero migliore e una parte minoritaria di Sel), per coprirsi le spalle a sinistra, e, infine, ha portato dalla propria parte un paio di componenti di area cattolica (UPC e CD) che, naturalmente, potevano trovare collocazione in una coalizione che, di fatto, ricostruiva la vecchia Dc, di cui Mario Bruno è stato esponente per un lungo periodo, prima di approdare, sempre attraverso la componente cattolica legata a Arturo Parisi, nel Pd, passando per il “Progetto Sardegna” di Soru.
Ora, in una città e in un centrosinistra che appaiono sempre in debito con la memoria, qualcuno potrebbe stupirsi di questa “capacità politica” di Mario Bruno. Ci si stupisce, appunto, solo perché non si conserva memoria delle cose. E pensare che, neppure due anni or sono, Mario Bruno aveva dato prova di essere bravissimo nell’arte del dividere per comandare. Nel 2012, infatti, quando tutti chiedevano che si candidasse a sindaco, lui si inventò la candidatura di Lubrano. Quella volta, infatti, non si candidò in prima persona plurale majestatis perché non poteva abbandonare il Consiglio regionale. Lasciare però campo libero a Daga sarebbe stato rischioso. Dunque, si rendeva necessario divedere per dominare. Individua, nell’ormai celebre distributore di Giave, un esponente algherese di CONFINDUSTRIA che si era schierato alle regionali per Cappellacci e gli propone la candidatura a sindaco, promettendogli che vincerà le primarie e le elezioni. Le primarie, naturalmente, rappresentavano il primo delicato ostacolo da superare, quello più a rischio. C’era in campo la candidatura di Daga e si prospettava una candidatura femminile forte, espressione di un progetto politico nuovo e con un notevole appeal elettorale che era l’aggregazione nata sotto lo slogan del “Buon Governo”.
Per far vincere Lubrano, dunque, sarebbe stato necessario dividere il fronte avversario. Ed ecco che spunta, in funzione anti Daga (nel Pd) la candidatura Scala e, nell’altro fronte, si verifica, inspiegabilmente, la frattura nel “Buon governo” con due candidature femminili (Accardo e Serra). Qualcuno avrà lavorato dietro le quinte o in prima persona plurale per ottenere questo risultato?
Magari, ci si può chiedere se tutto ciò abbia qualcosa a che fare con i problemi della città, con gli interessi generali, con il governo della cosa pubblica. Ma, se come dice(va) Grillo prima dell’ultima sconfitta, con quella sua vocina stridula e la cadenza genovese: “Siamo in guerra”, la politica, evidentemente, si fa come se fosse una guerra. E, dunque, “a la guerre com à la guerre”, bisogna adattarsi alle circostanze e usare gli strumenti necessari per vincere (vedi, ad abundantiam, Machiavelli).
I risultati elettorali, però, cioè la realtà viva, ripropongono inesorabilmente questioni che sembravano superate. Bruno, per vincere al ballottaggio, ha bisogno di voti. Ha bisogno anche dei voti del Pd, di quelli di Sel, di quelli di Lubrano e anche di quelli dei Riformatori che si sono schierati col Pd.
Li chiederà? Sarà disponibile ad apparentamenti? Vedremo. Dalle prime dichiarazioni subito dopo il voto sembrerebbe assodato che si rivolgerà ai cittadini. Intanto, però, le diplomazie sono al lavoro per evitare rischi a tutto il centrosinistra. Il segretario regionale del Pd, Lai, dichiara che il partito ad Alghero dovrà sostenere Bruno. Salis e Daga tacciono. Gli altri del centrosinistra non si sono ancora pronunciati. Nonostante le dichiarazioni propagandistiche, dunque, è assai prevedibile un turbinio di incontri tra tutte le componenti del centrosinistra, per definire gli accordi possibili in vista del ballottaggio.
In queste circostanze, siccome le vie della politica possono essere “imperscrutabili”, gli accordi (eventuali) potrebbero portare al sacrificio di qualche consigliere comunale già virtualmente eletto e a qualche concessione sugli assetti. Ma l’unica cosa che ormai non è più oggetto di contesa è il ruolo del sindaco. Ciò che voleva Mario Bruno. Quindi, nella disfida interna al Pd locale, Mario Bruno ha stravinto e Daga ha perso. I cocci, all’interno del Pd, sono ancora molti e andranno ricomposti. Occorrerà, per farlo, non solo vincere le elezioni e governare, ma anche cambiare radicalmente spartito e musica. Le prime persone, singolari o plurali che vogliano definirsi, sono sempre deleterie, elementi di degradazione della politica e, alla lunga, di sconfitte. Qualche giorno fa, lo stesso papa Bergoglio ammoniva che “l’ambizione genera correnti e settarismi” e che “È vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso”. Un grande papa.
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