Opere pubbliche, ambiente e tangenti
La Sardegna è costellata di opere costruite con la logica: costruiamo, qualcuno la utilizzerà.
Muttoni |
Per esaurire l’argomento del titolo ci vorrebbe un trattato in venti tomi, e forse non basterebbero; ma a proposito di tutto quanto sta accadendo, e cadendo, sulle teste dei cittadini, vorrei proporre alcune considerazioni. Andiamo per ordine.
Le opere pubbliche: chi decide riguardo la loro necessità? E’ un compito puramente politico: i rappresentanti del popolo, sentite le istanze della base, riconosciuta la effettiva necessità dell’opera, misurate le disponibilità economiche, hanno la responsabilità di decidere.
Sembra, se non semplice, non troppo complicato. Accade però che su opere pubbliche di natura tecnico-ingegneristica (il MOSE a Venezia, la TAV, o il sistema depurativo di Alghero), la cittadinanza non riesca a valutare fino in fondo se l’esecuzione dell’opera porterà a qualche beneficio, o addirittura, al contrario, si verificherà un danno. Nella medesima condizione si trovano i politici: del resto essi sono stati scelti dai cittadini tra i loro simili. Ciononostante, le opere vengono finanziate ed eseguite. Per altre, delle quali al contrario tutti percepiscono l’utilità, (vedasi il ponte sullo stretto di Messina) si innescano dinamiche di altro genere ed i lavori vengono bloccati.
Alle grandi opere è rivolta l’attenzione degli ambientalisti, che esprimono di solito la loro valutazione, di solito negativa, soprattutto se si tratta di costruzioni. E’ stata istituita la VIA, valutazione di impatto ambientale. Ora non esiste opera umana che non abbia un impatto ambientale: l’uomo è fatto per interagire con l’ambiente, e modificarlo a suo comodo e utilità. Qualunque attività, insisto, è fatta al costo di una alterazione permanente, nel migliore dei casi dissimulabile,dell’ambiente. Il difficile è stabilire fino a che punto questa alterazione sia accettabile: e qui le difficoltà aumentano sino a diventare insormontabili. E c’è un ragionamento di fondo che prevale quasi sempre: se la valutazione è negativa ho dato un parere, se è positiva mi carico (senza guadagnarci nulla) di una responsabilità. Lascio al lettore immaginare quali siano i risultati.
Se però l’opera è di dimensioni ragguardevoli, o ciclopiche, subentra un altro fattore: i finanziamenti. Attorno ad essi si aggira una moltitudine di affaristi ai quali non importa nulla dell’opera, ma solo della massa di danaro che smuove. Non solo, ma se i finanziamenti, come quelli europei, sono a progetto, si realizzano opere inutili, pur di muovere i soldi. La Sardegna è costellata di opere costruite con la logica: costruiamo, qualcuno la utilizzerà. Esempio cospicuo, il porto canale di Cagliari; più modesto, il palacongressi di Alghero. Ma questo vale anche per il CRS4 a Pula, o a Porto Conte Ricerche: due luoghi straordinariamente belli , a vocazione turistico-naturalistica, occupati da strutture scientifiche che avrebbero trovato la loro collocazione ideale in una zona industriale prossima ad un aeroporto.
E’ poi subentrata, nell’opinione pubblica, una crisi di rigetto verso le opere pubbliche quando si scopre il loro coinvolgimento nel malaffare. Tutto il lavoro, a quel punto sembra inutile e da sospendere, se non da demolire con il ripristino del sito. C’è anche da considerare che le grandissime opere, per il cui completamento occorrono diversi anni, corrono il rischio di veder ridotta la loro utilità per accadimenti verificatisi durante la costruzione. A questo punto l’unica risorsa,tanto valida quanto rara, è il buon senso. Ci si dovrebbe chiedere: ma se in questa situazione, se io avessi tutti i poteri, cosa farei? Perché ogni valutazione è controbilanciabile da un’altra di senso opposto, e ambedue vengono adottate dalle rispettive fazioni, pro e contro. E tra dieci, venti, cinquanta anni quest’opera varrà ancora la pena con la quale è stata costruita? I nostri maestri dovrebbero essere ancora una volta gli antichi romani, le cui opere pubbliche, strade, ponti, acquedotti non hanno perso di validità progettuale, dopo duemila anni. Anche se le tangenti, pure allora, andavano alla grande.
Le opere pubbliche: chi decide riguardo la loro necessità? E’ un compito puramente politico: i rappresentanti del popolo, sentite le istanze della base, riconosciuta la effettiva necessità dell’opera, misurate le disponibilità economiche, hanno la responsabilità di decidere.
Sembra, se non semplice, non troppo complicato. Accade però che su opere pubbliche di natura tecnico-ingegneristica (il MOSE a Venezia, la TAV, o il sistema depurativo di Alghero), la cittadinanza non riesca a valutare fino in fondo se l’esecuzione dell’opera porterà a qualche beneficio, o addirittura, al contrario, si verificherà un danno. Nella medesima condizione si trovano i politici: del resto essi sono stati scelti dai cittadini tra i loro simili. Ciononostante, le opere vengono finanziate ed eseguite. Per altre, delle quali al contrario tutti percepiscono l’utilità, (vedasi il ponte sullo stretto di Messina) si innescano dinamiche di altro genere ed i lavori vengono bloccati.
Alle grandi opere è rivolta l’attenzione degli ambientalisti, che esprimono di solito la loro valutazione, di solito negativa, soprattutto se si tratta di costruzioni. E’ stata istituita la VIA, valutazione di impatto ambientale. Ora non esiste opera umana che non abbia un impatto ambientale: l’uomo è fatto per interagire con l’ambiente, e modificarlo a suo comodo e utilità. Qualunque attività, insisto, è fatta al costo di una alterazione permanente, nel migliore dei casi dissimulabile,dell’ambiente. Il difficile è stabilire fino a che punto questa alterazione sia accettabile: e qui le difficoltà aumentano sino a diventare insormontabili. E c’è un ragionamento di fondo che prevale quasi sempre: se la valutazione è negativa ho dato un parere, se è positiva mi carico (senza guadagnarci nulla) di una responsabilità. Lascio al lettore immaginare quali siano i risultati.
Se però l’opera è di dimensioni ragguardevoli, o ciclopiche, subentra un altro fattore: i finanziamenti. Attorno ad essi si aggira una moltitudine di affaristi ai quali non importa nulla dell’opera, ma solo della massa di danaro che smuove. Non solo, ma se i finanziamenti, come quelli europei, sono a progetto, si realizzano opere inutili, pur di muovere i soldi. La Sardegna è costellata di opere costruite con la logica: costruiamo, qualcuno la utilizzerà. Esempio cospicuo, il porto canale di Cagliari; più modesto, il palacongressi di Alghero. Ma questo vale anche per il CRS4 a Pula, o a Porto Conte Ricerche: due luoghi straordinariamente belli , a vocazione turistico-naturalistica, occupati da strutture scientifiche che avrebbero trovato la loro collocazione ideale in una zona industriale prossima ad un aeroporto.
E’ poi subentrata, nell’opinione pubblica, una crisi di rigetto verso le opere pubbliche quando si scopre il loro coinvolgimento nel malaffare. Tutto il lavoro, a quel punto sembra inutile e da sospendere, se non da demolire con il ripristino del sito. C’è anche da considerare che le grandissime opere, per il cui completamento occorrono diversi anni, corrono il rischio di veder ridotta la loro utilità per accadimenti verificatisi durante la costruzione. A questo punto l’unica risorsa,tanto valida quanto rara, è il buon senso. Ci si dovrebbe chiedere: ma se in questa situazione, se io avessi tutti i poteri, cosa farei? Perché ogni valutazione è controbilanciabile da un’altra di senso opposto, e ambedue vengono adottate dalle rispettive fazioni, pro e contro. E tra dieci, venti, cinquanta anni quest’opera varrà ancora la pena con la quale è stata costruita? I nostri maestri dovrebbero essere ancora una volta gli antichi romani, le cui opere pubbliche, strade, ponti, acquedotti non hanno perso di validità progettuale, dopo duemila anni. Anche se le tangenti, pure allora, andavano alla grande.
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