La tassa di soggiorno non è una panacea
Un supplemento di riflessione non guasterebbe.
Tonio Mura |
L’introduzione di una nuova tassa non è mai, e per nessuno, un motivo di esultanza. Meno che mai in Italia, uno dei paesi europei dove il cittadino è più tartassato e dove il ritorno in termini di servizi è tra i più scadenti, almeno stando all’elenco dei paesi più industrializzati nel mondo. Aggiungo poi, che esiste una relazione diretta tra supertasse ed evasione fiscale, relazione che non giustifico affatto ma che per gli evasori si configura quasi come una forma di autodifesa contro lo Stato sanguisuga.
La premessa mi sembra doverosa e necessaria, per inquadrare nei giusti termini la proposta del Sindaco Mario Bruno di istituire una tassa di soggiorno a carico dei turisti che pernottano nella nostra città. In effetti la cosa è fattibile e non è inutile ricordare che fu un’invenzione di Berlusconi, che così pensò di compensare i comuni a cui piano piano toglieva risorse. Il paradosso è che ad Alghero la tassa è contestata dai seguaci di chi l’ha istituita ed è, o sarà, applicata da un Sindaco che si presenta di centro-sinistra (molto centro, quasi invisibile la sinistra).
Detto questo veniamo al dunque: la tassa dovrebbe servire per la cura del verde e il decoro cittadino, per mettere in sicurezza parti della città (vedi Lungomare Dante), per contribuire a finanziare la manutenzione urbana. Una tassa che non peserebbe sulle tasche degli algheresi ma su quelle dei visitatori, a cui si chiederà un obolo per godere delle bellezze e delle opportunità che la città di Alghero offre.
Il meccanismo è già collaudato, se si considera che in Italia sono più di 500 i comuni che hanno introdotto la tassa di soggiorno, tra cui Roma, Milano, Bologna, Napoli, Rimini e fra non molto Alghero. Non sarà questa la panacea che guarisce tutti i mali della nostra città, però sicuramente potrà rappresentare una bella boccata di ossigeno per le casse comunali, in grave sofferenza.
Comunque non sono tutte rose e fiori! Il Sindaco Marino, primo cittadino della Capitale, solo due mesi fa ha dovuto fronteggiare la protesta di tutte le sigle di categoria (settore turismo) perché non solo ha deciso di mantenere la tassa di soggiorno a carico dei visitatori ma addirittura la voleva aumentare (non so se ci sia riuscito). Da altre parti gli albergatori contestano il fatto che tale tassa ormai sia utile solo ad aggiustare i bilanci dei Comuni, tradendo lo spirito per cui era stata istituita. Ci sono turisti che hanno intrapreso azioni legali contro questa tassa e contro il Comune che l’ha applicata, tassa ritenuta ingiusta e contraria alla libera circolazione delle persone.
Sul piano pratico la tassa si pagherà sulla base di un regolamento, e tale regolamento conterrà le cifre che ogni turista che dorme in città dovrà onorare. Questo perché essendo persona registrata non può sfuggire al salasso! Ovviamente si faranno delle distinzioni, e chi pernotta in alberghi superlusso pagherà qualcosa in più di chi sceglie un B&B o un campeggio. Certo è che tutti i turisti poi in città si comportano in egual modo, e niente è dato dal Comune a chi paga di più rispetto a chi paga di meno!
In genere l’entità delle cifre non è esagerato, da uno a due euro a notte, per arrivare a cinque euro quando si pernotta in un cinque stelle. In una settimana sono una media di 15 euro a persona, che però diventano 50 quando le persone sono quattro (quasi il corrispettivo di una serata in pizzeria).
Qual è il ragionamento che, secondo i sostenitori del prelievo, rende congrua questa tassa?
Il turista che si ferma in città usufruisce di servizi privati (che paga) e di servizi pubblici (che per i sostenitori della tassa non paga). La tassa di soggiorno allora si configura come una specie di compartecipazione del turista alla qualità dei servizi pubblici resi.
Il turista che si ferma in città consuma e produce rifiuti; di fatto aumenta il carico di lavoro per il ritiro dei rifiuti e per la pulizia delle strade e delle piazze.
Il turista che si ferma in città, per il semplice fatto che viene da noi, teoricamente ha una disponibilità finanziaria che gli permette di pagare anche la tassa di soggiorno, per cui metterla in conto non sarebbe un grande sacrificio (è il pensiero del sindaco di Roma, prof. Marino, a cui forse il nostro sindaco si ispira).
Certo, se la si mette in questi termini il discorso può anche passare, per cui ben venga la tassa! Purtroppo però c’è dell’altro, e sarebbe davvero ridicolo far finta di niente o sottacere, solo per gestire qualche migliaia di euro in più. Vediamo anche questo nel dettaglio, cercando ovviamente una sufficiente sintesi giornalistica.
Chi ritira la tassa? La situazione ideale sarebbe che, registrata la presenza e dato l’obbligo della denuncia in questura, se ne occupasse direttamente il Comune. Di fatto, invece, sono i gestori degli alberghi o di altri centri di accoglienza che, trasformatisi in esattori della tassa, incassano l’obolo per poi scorporarlo a favore delle casse comunali. Un’operazione in più per il gestore della contabilità, quindi una spesa non a carico di chi, alla fine, utilizzerà l’introito, cioè il Comune. Con un’aggravante: che in caso di errore il facente funzioni di esattore passa anche per evasore fiscale. Cose già accadute!
E se il turista si rifiuta di pagare la tassa? L’albergatore ha l’obbligo di segnalare il suo nominativo, addirittura in alcuni casi è previsto un pre-stampato per l’autodenuncia. Comincia così un percorso legale di esito incerto, data una certa incongruità della tassa, che se dovesse essere sfavorevole all’ente locale metterebbe a rischio gli incassi di una stagione e anche qualcosa di più.
Infine c’è la gestione del nuovo tributo da parte del comune, che coinvolge il personale e non solo, spese che vanno sapute quantificare per capire effettivamente quali guadagni comporta l’intera operazione.
Tutto questo solo se ci fermiamo a casa nostra, perché poi ci sono le questioni più generali, che spesso sfuggono al rendiconto di un’ amministrazione locale. Prima domanda: ci sono studi di riferimento a proposito della tassa di soggiorno applicata nei piccoli Comuni? Alghero non è Roma, e neppure Firenze, l’arrivo di turisti è decisamente inferiore e limitato a una piccola porzione dell’anno, che corrisponde alla stagione balneare. La concorrenza solo in Sardegna non manca, per quanto riguarda il sud Italia perdiamo già in partenza. Di certo la tassa di soggiorno non è un elemento di promozione turistica del territorio! A dirlo sono gli stessi operatori turistici, quelli che dovrebbero convincere i possibili clienti a visitare la nostra città. Essa si aggiungerebbe al caro trasporti e a un costo di permanenza già superiore alla media.
Seconda domanda: perché non discutere di tassa di soggiorno dentro un’aggregazione più ampia di Comuni? Se è vero che interessa la promozione del territorio e del prodotto Sardegna, o nord Sardegna che sia, è evidente che bisogna fare rete. Abbiamo un Sistema Turistico Locale, addirittura il presidente Enrico Daga siede ai banchi del Consiglio Comunale, ci si aspetta che tale organismo sia consultato, insieme agli altri Sindaci. La politica è fatta per costruire relazioni, per condividere percorsi, per crescere insieme ma anche per confrontarsi sulla bontà di una proposta. Inserire la tassa di soggiorno solo ad Alghero potrebbe anche non essere conveniente, soprattutto considerando che in città l’afflusso di turisti “veri” decresce, sia come numero di presenze e sia come numero di pernottamenti.
Terza domanda: cosa intende fare l’amministrazione comunale per far emergere tutto il sommerso? Non c’è relazione, infatti, tra il numero delle presenze negli alberghi e negli altri centri di accoglienza e la presenza effettiva dei turisti in città, specialmente nei mesi di luglio e agosto. Sono molte le seconde case affittate senza contratto, i B&B non segnalati, le forme di ospitalità abusiva che concorrono con quelle autorizzate e legali. Il balzello peserebbe solo su una quota che forse è il 50% del totale delle presenze, forse anche di meno, e genererebbe nuove forme di illegalità ma anche di ingiustizia. A mio parere prima di introdurre una nuova tassa bisognerebbe quantificare in termini economici quello che sfugge al controllo fiscale, per non parlare di posti di lavoro, di sicurezza, di immagine e di efficienza amministrativa.
Mi avvio alla conclusione, consapevole di non aver detto tutto: questa tassa come verrà concordata con gli operatori del settore? Di fatto abbiamo avuto un annuncio, adesso ci si aspetta un confronto con le categorie interessate. Non ci sarà, è ovvio, perché siamo già dentro la stagione turistica. Soluzione del Sindaco: la tassa partirà dall’autunno. Tutti d’accordo? Credo di no, al massimo in autunno, cioè in bassa stagione, potrà aprirsi il tavolo di confronto. A meno che non si voglia agire d’imperio, ma a quel punto salta quella prima persona plurale tanto decantata in campagna elettorale, salta il moto che ha spinto Mario Bruno alla vittoria, e tutto si dipinge di menzogna. Un supplemento di riflessione, quindi, non guasterebbe.
La premessa mi sembra doverosa e necessaria, per inquadrare nei giusti termini la proposta del Sindaco Mario Bruno di istituire una tassa di soggiorno a carico dei turisti che pernottano nella nostra città. In effetti la cosa è fattibile e non è inutile ricordare che fu un’invenzione di Berlusconi, che così pensò di compensare i comuni a cui piano piano toglieva risorse. Il paradosso è che ad Alghero la tassa è contestata dai seguaci di chi l’ha istituita ed è, o sarà, applicata da un Sindaco che si presenta di centro-sinistra (molto centro, quasi invisibile la sinistra).
Detto questo veniamo al dunque: la tassa dovrebbe servire per la cura del verde e il decoro cittadino, per mettere in sicurezza parti della città (vedi Lungomare Dante), per contribuire a finanziare la manutenzione urbana. Una tassa che non peserebbe sulle tasche degli algheresi ma su quelle dei visitatori, a cui si chiederà un obolo per godere delle bellezze e delle opportunità che la città di Alghero offre.
Il meccanismo è già collaudato, se si considera che in Italia sono più di 500 i comuni che hanno introdotto la tassa di soggiorno, tra cui Roma, Milano, Bologna, Napoli, Rimini e fra non molto Alghero. Non sarà questa la panacea che guarisce tutti i mali della nostra città, però sicuramente potrà rappresentare una bella boccata di ossigeno per le casse comunali, in grave sofferenza.
Comunque non sono tutte rose e fiori! Il Sindaco Marino, primo cittadino della Capitale, solo due mesi fa ha dovuto fronteggiare la protesta di tutte le sigle di categoria (settore turismo) perché non solo ha deciso di mantenere la tassa di soggiorno a carico dei visitatori ma addirittura la voleva aumentare (non so se ci sia riuscito). Da altre parti gli albergatori contestano il fatto che tale tassa ormai sia utile solo ad aggiustare i bilanci dei Comuni, tradendo lo spirito per cui era stata istituita. Ci sono turisti che hanno intrapreso azioni legali contro questa tassa e contro il Comune che l’ha applicata, tassa ritenuta ingiusta e contraria alla libera circolazione delle persone.
Sul piano pratico la tassa si pagherà sulla base di un regolamento, e tale regolamento conterrà le cifre che ogni turista che dorme in città dovrà onorare. Questo perché essendo persona registrata non può sfuggire al salasso! Ovviamente si faranno delle distinzioni, e chi pernotta in alberghi superlusso pagherà qualcosa in più di chi sceglie un B&B o un campeggio. Certo è che tutti i turisti poi in città si comportano in egual modo, e niente è dato dal Comune a chi paga di più rispetto a chi paga di meno!
In genere l’entità delle cifre non è esagerato, da uno a due euro a notte, per arrivare a cinque euro quando si pernotta in un cinque stelle. In una settimana sono una media di 15 euro a persona, che però diventano 50 quando le persone sono quattro (quasi il corrispettivo di una serata in pizzeria).
Qual è il ragionamento che, secondo i sostenitori del prelievo, rende congrua questa tassa?
Il turista che si ferma in città usufruisce di servizi privati (che paga) e di servizi pubblici (che per i sostenitori della tassa non paga). La tassa di soggiorno allora si configura come una specie di compartecipazione del turista alla qualità dei servizi pubblici resi.
Il turista che si ferma in città consuma e produce rifiuti; di fatto aumenta il carico di lavoro per il ritiro dei rifiuti e per la pulizia delle strade e delle piazze.
Il turista che si ferma in città, per il semplice fatto che viene da noi, teoricamente ha una disponibilità finanziaria che gli permette di pagare anche la tassa di soggiorno, per cui metterla in conto non sarebbe un grande sacrificio (è il pensiero del sindaco di Roma, prof. Marino, a cui forse il nostro sindaco si ispira).
Certo, se la si mette in questi termini il discorso può anche passare, per cui ben venga la tassa! Purtroppo però c’è dell’altro, e sarebbe davvero ridicolo far finta di niente o sottacere, solo per gestire qualche migliaia di euro in più. Vediamo anche questo nel dettaglio, cercando ovviamente una sufficiente sintesi giornalistica.
Chi ritira la tassa? La situazione ideale sarebbe che, registrata la presenza e dato l’obbligo della denuncia in questura, se ne occupasse direttamente il Comune. Di fatto, invece, sono i gestori degli alberghi o di altri centri di accoglienza che, trasformatisi in esattori della tassa, incassano l’obolo per poi scorporarlo a favore delle casse comunali. Un’operazione in più per il gestore della contabilità, quindi una spesa non a carico di chi, alla fine, utilizzerà l’introito, cioè il Comune. Con un’aggravante: che in caso di errore il facente funzioni di esattore passa anche per evasore fiscale. Cose già accadute!
E se il turista si rifiuta di pagare la tassa? L’albergatore ha l’obbligo di segnalare il suo nominativo, addirittura in alcuni casi è previsto un pre-stampato per l’autodenuncia. Comincia così un percorso legale di esito incerto, data una certa incongruità della tassa, che se dovesse essere sfavorevole all’ente locale metterebbe a rischio gli incassi di una stagione e anche qualcosa di più.
Infine c’è la gestione del nuovo tributo da parte del comune, che coinvolge il personale e non solo, spese che vanno sapute quantificare per capire effettivamente quali guadagni comporta l’intera operazione.
Tutto questo solo se ci fermiamo a casa nostra, perché poi ci sono le questioni più generali, che spesso sfuggono al rendiconto di un’ amministrazione locale. Prima domanda: ci sono studi di riferimento a proposito della tassa di soggiorno applicata nei piccoli Comuni? Alghero non è Roma, e neppure Firenze, l’arrivo di turisti è decisamente inferiore e limitato a una piccola porzione dell’anno, che corrisponde alla stagione balneare. La concorrenza solo in Sardegna non manca, per quanto riguarda il sud Italia perdiamo già in partenza. Di certo la tassa di soggiorno non è un elemento di promozione turistica del territorio! A dirlo sono gli stessi operatori turistici, quelli che dovrebbero convincere i possibili clienti a visitare la nostra città. Essa si aggiungerebbe al caro trasporti e a un costo di permanenza già superiore alla media.
Seconda domanda: perché non discutere di tassa di soggiorno dentro un’aggregazione più ampia di Comuni? Se è vero che interessa la promozione del territorio e del prodotto Sardegna, o nord Sardegna che sia, è evidente che bisogna fare rete. Abbiamo un Sistema Turistico Locale, addirittura il presidente Enrico Daga siede ai banchi del Consiglio Comunale, ci si aspetta che tale organismo sia consultato, insieme agli altri Sindaci. La politica è fatta per costruire relazioni, per condividere percorsi, per crescere insieme ma anche per confrontarsi sulla bontà di una proposta. Inserire la tassa di soggiorno solo ad Alghero potrebbe anche non essere conveniente, soprattutto considerando che in città l’afflusso di turisti “veri” decresce, sia come numero di presenze e sia come numero di pernottamenti.
Terza domanda: cosa intende fare l’amministrazione comunale per far emergere tutto il sommerso? Non c’è relazione, infatti, tra il numero delle presenze negli alberghi e negli altri centri di accoglienza e la presenza effettiva dei turisti in città, specialmente nei mesi di luglio e agosto. Sono molte le seconde case affittate senza contratto, i B&B non segnalati, le forme di ospitalità abusiva che concorrono con quelle autorizzate e legali. Il balzello peserebbe solo su una quota che forse è il 50% del totale delle presenze, forse anche di meno, e genererebbe nuove forme di illegalità ma anche di ingiustizia. A mio parere prima di introdurre una nuova tassa bisognerebbe quantificare in termini economici quello che sfugge al controllo fiscale, per non parlare di posti di lavoro, di sicurezza, di immagine e di efficienza amministrativa.
Mi avvio alla conclusione, consapevole di non aver detto tutto: questa tassa come verrà concordata con gli operatori del settore? Di fatto abbiamo avuto un annuncio, adesso ci si aspetta un confronto con le categorie interessate. Non ci sarà, è ovvio, perché siamo già dentro la stagione turistica. Soluzione del Sindaco: la tassa partirà dall’autunno. Tutti d’accordo? Credo di no, al massimo in autunno, cioè in bassa stagione, potrà aprirsi il tavolo di confronto. A meno che non si voglia agire d’imperio, ma a quel punto salta quella prima persona plurale tanto decantata in campagna elettorale, salta il moto che ha spinto Mario Bruno alla vittoria, e tutto si dipinge di menzogna. Un supplemento di riflessione, quindi, non guasterebbe.
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