Autorizzazione pesca subacquea professionale del corallo 2014
Richiesta adeguamento normativo e riferimenti certi in materia di salute e sicurezza.
Tale pericolo deriva dalle modalità di esecuzione delle immersioni subacquee umane a rilevanti profondità. La cronaca dei lutti che interessa il settore dei "corallari" racconta oramai di decine di incidenti mortali, proprio perché le quote operative di lavoro sono oggettivamente impegnative e profonde. Esistono sistemi e mezzi di immersione profonda che abbattono i rischi connessi a questo tipo di attività, ma essi non sono praticamente applicabili per la raccolta del corallo.
ALGHERO / L'associazione italiana sommozzatori corallari, costituita con lo scopo di promuovere e migliorare la qualità del lavoro, la massima sicurezza operativa e la salute degli operatori, ha segnalato e denunciato in varie sedi istituzionali, anche europee, la grave situazione di rischio salute e sicurezza nello svolgimento dell'attività di pesca del corallo.
Dal punto di vista meramente normativo, esiste invero la norma UNI 11366, concepita per attività subacquee al servizio dell'industria, anche se l’UNI ha attualmente in fase di studio preliminare l’emanazione di una futura norma specifica per la pesca del corallo. E che tale norma UNI 11366 costituisca ad oggi l’unico riferimento normativo è riprova l’operato di varie Capitanerie che hanno adottato le predette norme come “regolamento di sicurezza” nelle rispettive ordinanze di merito (cfr. ad esempio la n. 42/2014 della Capitaneria di Siracusa, la n. 05/2014 della capitaneria di Porto Torres, del Circondario marittimo di Anzio, risalendo nel tempo all’operato della Capitaneria di Venezia che nel 2012 richiese l'adeguamento delle procedure operative alle imprese che utilizzano operatori subacquei per la costruzione del sistema MOSE.
Gli standard tecnici descritti dalle succitate norme UNI 11366 definiscono invero modalità, metodi, mezzi e requisiti per l'immersione profonda in ambito industriale, ma risultano non applicabili alle attività minori, qual è la pesca del corallo per evidenti problematiche di impatto economico ed anche per esigenze connesse al tipo di lavoro da svolgere. Essi difatti richiedono l’impiego di camere iperbariche imbarcate su grandi unità navali, col sommozzatore che opera con un vincolo fisico (ombelicale) alla campana subacquea (sorta di "ascensore" munito generalmente di oblò e portelleria stagna, nel quale entra il sommozzatore in immersione per il trasferimento dalla superficie al fondo e viceversa), il tutto tramite un sistema di cavi dalla verticale della nave appoggio, sino al luogo prefissato di lavoro. Con siffatte configurazioni il sommozzatore non ha possibilità di movimento se non nel raggio di pochi metri dalla campana stessa alla quale è comunque sempre vincolato e monitorato. Una squadra di soccorso appositamente dedicata è vieppiù sempre pronta ad intervenire in caso di necessità a soccorso del sommozzatore.
Viceversa il pescatore professionista di corallo necessita di grande mobilità per la ricerca e la successiva fase di raccolta del corallo che può avvenire anche coprendo centinaia di metri, a volte con acqua torbida, correnti a volte di notevole intensità, imprevisti di cavi o reti perse che creano non poche difficoltà. Le condizioni fisiologiche dei due soggetti, l’OTS che opera con assistenza continua, acqua calda, monitoraggio video ed audio, ed il corallaro, che non dispone di nessuno di questi presidi, sono a discapito di quest'ultimo. Infatti, nella fase di recupero del sommozzatore che opera tipicamente tra gli 80 m di profondità e oltre i 100 m con punte fino a 140 m, ogni variabile accidentale (perdita della verticale della barca, esaurimento della scorta di gas, avaria del mezzo navale di supporto, condizioni meteo che rendono problematico il recupero del sommozzatore, ecc.) comporta, in relazione alla profondità e al tempo di permanenza che è sempre prossimo alla "saturazione", la morte per embolia del soggetto.
Occorre quindi prendere atto del fatto che l'immersione umana, alle quote di profondità tipiche dei corallari e senza un adeguato supporto iperbarico gestito dalla superficie, è da considerarsi altamente pericolosa per la vita del sommozzatore.
E non si tratta di operazioni sporadiche nel tempo, in quanto l'attività del corallaro, durante il periodo di pesca concesso dalle autorizzazioni, è pressoché quotidiana, con un’esposizione al pericolo caratterizzata da un livello di rischio altissima e ripetuto.
La buona tecnica quindi impone quindi che l'immersione professionale umana in "libera" sia permessa solo fino alla profondità di 50 m, oltre la quale in nessun’altra parte del mondo è permesso lavorare a sommozzatori professionisti senza ausilio di campane e supporto adeguato di sicurezza.
Per la raccolta del corallo e comunque per l'esercizio della pesca subacquea professionale, un limite di profondità operativa andrebbe adottato, sia per logica analogia con le regole della subacquea industriale che per principio di precauzione e applicato ad una profondità massima di cinquanta metri.
Paradossalmente l’ultimo Decreto della Regione Sardegna 2014 viene a sancire un principio opposto, imponendo che la profondità di immersione per la raccolta del corallo sia superiore a 50 metri di profondità e senza tenere in ben che minima considerazione in quali condizioni si trova ad operare il pescatore subacqueo.
Si viene pertanto a creare una discriminazione stridente: da una parte i lavoratori subacquei industriali che sono tutelati e protetti, dall'altra, pur avendo stesso diritto a tutela e salute che spetta inderogabilmente a tutte le categorie di lavoratori, operano i pescatori subacquei professionisti solo in quanto ritenuti idonei dal Medico di Porto a effettuare immersioni lavorative senza alcun limite di profondità!.
Il che equivale, senza l'adozione di norme e regole, a condannare a morte probabile i pescatori subacquei.
L'attività di raccolta del corallo non è una ricerca all'oro effettuata da scapestrati ed avventurieri: i corallari sono professionisti con famiglia, che pagano le tasse, che hanno una grande professionalità acquisita in decenni di lavoro silenzioso, faticosissimo e spesso non produttivo come si conviene.
L'indotto prodotto dai corallari è quello che fa del corallo italiano la punta di diamante dell'oreficeria mondiale, con fatturati, da parte dei produttori di gioielli, di milioni e milioni di euro e ricadute occupazionali che interessano orafi, gioiellieri, artigiani della lavorazione del corallo e così via. Ciò premesso e dopo azioni protrattesi per vari anni, avendo anche investito ripetutamente della problematica il competente Assessorato dell’agricoltura e della riforma agro-pastorale della Regione Sardegna, ad oggi non si è registrato alcun sostanziale progresso sulla ipotesi di utilizzare anche il supporto dei ROV nella ricerca e raccolta del corallo. Sebbene, infatti, la nostra Associazione abbia ripetutamente sottoposto e prodotto progetti di sperimentazione della pesca del corallo rosso col ROV tenendo ben chiaro le necessità di verifiche sul campo inerenti lo sforzo e la sostenibilità dell’attività, ed anche associandosi a riconosciuti organismi di ricerca scientifica, in perfetta ottemperanza alle raccomandazioni emesse dal General Fisheries Commission for the Mediterranean (GFCM – organismo della FAO), ci si è sempre dovuti confrontare con incomprensibili prese di posizione di amministratori, sempre “sordi” a qualsiasi soluzione che preveda l’impiego del ROV, senza che si siano mai apportate ragionevoli argomentazioni, in aperto contrasto con quanto è sostenuto dalla comunità scientifica internazionale.
Impianto normativo che regolamenta la pesca del corallo
Nel Decreto regionale viene considerato che la normativa vigente non prevede il riconoscimento di uno specifico titolo abilitativo che qualifichi gli operatori a svolgere l'attività di prelievo del corallo. Si pone in evidenza che l'esercizio della pesca professionale è consentito solo a coloro che sono iscritti nel registro dei pescatori e la pesca subacquea professionale del corallo è inoltre consentita esclusivamente a coloro che sono in possesso della specializzazione di pescatore subacqueo. (DPR 2 ottobre 1968, N. 1639 e ss.mm.ii. Sez.III, art. 128). Tale omissione è ben percepibile nel testo della Legge Regionale del 5 luglio 1979, n. 59 , citata nel Decreto 2014, laddove all’art. 1 recita:
Nelle acque del mare territoriale della Sardegna, la pesca del corallo può essere esercitata esclusivamente da pescatori professionisti, che siano muniti di autorizzazione regionale, omissis.
Nei requisiti per presentare domanda di autorizzazione, a termini di legge, i richiedenti devono avere in primis la specializzazione professionale di pescatore subacqueo, unica qualifica che il decreto ministeriale definisce e si rende necessaria per l'esercizio di raccolta di corallo (fatto salvo le relative autorizzazioni ove necessario).
Qualsiasi altra qualifica professionale richiesta (OTS, ecc..) ai fini dell'ottenimento della autorizzazione regionale, non può essere legittima in quanto i requisiti professionali descritti afferiscono ad attività aventi carattere industriale che nulla hanno a che vedere con la pratica di pesca subacquea professionale del corallo. Attività industriali che, a differenza della pesca subacquea professionale, sono regolamentate da severe regole e protocolli operativi di recente emanazione (norme UNI 11366) descritte nella premessa, che hanno consentito l'immediato abbattimento dei casi di infortuni, spesso mortali, che hanno da sempre funestato le attività subacquee professionali.
In sintesi, la legge regionale 59/79 prevede che il corallo possa essere pescato solo ed esclusivamente da pescatori professionisti, mentre la normativa nazionale, come si è detto, sancisce e precisa che la pesca del corallo possa essere esercitata solo da pescatori professionisti in possesso della specializzazione di pescatore subacqueo.
Occorre vieppiù porre in evidenza ulteriori aspetti di questa paradossale vicenda.
Sebbene,
- dirigenti Inail abbiano dichiarato che nella pesca del corallo si usano attrezzature non a norma e che sono da vietare,
- che dirigenti ASL hanno dichiarato di essere stati informati su questa attività che attualmente viene svolta in maniera illegale (dichiarazioni a verbale del Comitato Regionale di Coordinamento, http://www.sardegnasalute.it che nella successiva riunione del succitato Comitato, si dichiara che non si è a conoscenza di norme di legge, né di norme tecniche dedicate al settore della pesca del corallo,
- le norme UNI 11366, a tutela delle immersioni professionali, possono fare da sola base di partenza per la definizione di uno standard tecnico impiegabile dal pescatore subacqueo professionista,
- l'ente di normazione UNI abbia avviato un processo di normazione ad hoc, appare evidente l'assoluta confusione e l' incertezza nell’interpretazione delle misure di sicurezza da adottare per gli operatori del settore.
A fare da contraltare a quanto sopra citato, esistono invece le chiare certezze derivanti dalle pesanti sanzioni penali a carico dei datori di lavoro, che nel nostro caso essendo gli armatori delle barche appoggio sommozzatori, devono garantire la sicurezza operativa. Tralasciando tutti gli obblighi dei datori di lavoro, che rendono economicamente impossibile una regolare messa a norma di tale attività lavorativa, evidenziamo di seguito gli obblighi del medico competente descritti all'Art 25 del D. Lgs. 09 aprile 2008 n. 81 che, de facto, risulterebbero inattuati o di improbabile applicazione ... ( vedi paragrafo l ) e riferimenti :
a) Collabora con il datore di lavoro e con il servizio di prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria, alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori, all’attività di formazione e informazione nei confronti dei lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di lavorazione ed esposizione e le peculiari modalità organizzative del lavoro.
b) Programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui all’articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi scientifici più avanzati;
l) Visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all’anno o a cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi; la indicazione di una periodicità diversa dall’annuale deve essere comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel documento di valutazione dei rischi;
m) Partecipa alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestività ai fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;
Con riferimento alla valutazione dei rischi, e in caso di inadempienza, le sanzioni penali previste per il medico competente sono rispettivamente per i paragrafi sopracitati:
a: Arresto fino a tre mesi o ammenda sino a 1753 euro,
b: Arresto fino a due mesi o ammenda sino a 1315 euro,
l: Arresto fino a tre mesi o ammenda sino a 1753 euro.
Conclusioni
Per quanto precede, si perviene con facilità alle seguenti conclusioni. Il lavoro subacqueo è un’attività estrema e pericolosa, prova ne sia l’impegno che varie istituzioni hanno di recente profuso nell’emanazione di direttive a tutela degli operatori del settore; in campo internazionale, le imprese industriali svolgenti attività subacquea hanno prontamente adeguato tutte le strutture e si è abbattuta in maniera pressoché totale l'infortunistica che era sempre pressoché fatale.
Direttive quadro europee relative alla salute e alla sicurezza sul lavoro stabiliscono prescrizioni minime e principi fondamentali, fra cui il principio della prevenzione e della valutazione dei rischi, nonché le responsabilità dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Parimenti la “direttiva quadro” 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, è stata elaborata al fine di migliorare la sicurezza e la salute dei lavoratori, anche attraverso norme da attuarsi in tutti gli Stati membri; tale direttiva è in sintesi una linea guida per ridurre i rischi ed aumentare la sicurezza sul lavoro tenendo conto, tra l’altro, del grado di evoluzione della tecnica ed invitando il legislatore a implementare la prevenzione anche sostituendo ciò che è pericoloso con ciò che non è pericoloso o che è meno pericoloso.
Restando in attesa di risposte e concrete soluzioni delle nostre istanze rivolte alle nostre Istituzioni Nazionali, si porta a conoscenza delle nostre problematiche l'ILO (Organizzazione Internazionale del Lavoro), agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di promuovere il lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di libertà, sicurezza e dignità umana e l'OSHA, (Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro), il cui obiettivo è di contribuire a rendere l'Europa un luogo più sicuro, salubre e produttivo in cui lavorare promuovendo una cultura della prevenzione del rischio volta a migliorare le condizioni di lavoro. Nel rispetto delle linee guida succitate, desideriamo mettere a conoscenza tutte le Istituzioni europee circa le condizioni di grave rischio mortale nel continuare a svolgere un lavoro nelle modalità e nelle condizioni svolte sinora.
In considerazione di tutto ciò sopra esposto, al fine di evitare di insorgere in violazioni di legge che potrebbero comportare il sorgere di pesanti responsabilità penali e civili, pur essendo in possesso dei requisiti richiesti e rientrando quindi nella graduatoria per il ritiro della relativa autorizzazione regionale e per formalizzarne il ritiro, restiamo in attesa di chiare e univoche risposte dai destinatari istituzionali preposti, ai quali abbiamo inviato istanza affinché si rendano note quali siano le regole, le leggi, le direttive e le modalità operative da rispettare per il corretto svolgimento dell'attività di pesca del corallo.
In mancanza di riferimenti certi per le immersioni, persiste l’immediata e pronta disponibilità di imbarcazioni e mezzi per qualsiasi programma di pesca sperimentale con l'ausilio di ROV, come da dichiarazione allegata alla domanda.
Il presidente pro tempore
Ciliberto Massimo
Altri in
Recenti in
Recenti in
Commenti