Detenuti trasferiti da Buoncammino, aspettano da 6 mesi l'arivo dei bagagli
Gravi disagi, soprattutto per l'imminente arrivo del freddo autunnale nel nord d’Italia.
«Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria continua a celebrare feste di nozze con i fichi secchi. Alcuni detenuti trasferiti da Buoncammino per volontà del DAP con un ridottissimo corredo personale in strutture della penisola aspettano da 6 mesi il bagaglio custodito nel magazzino con gravi disagi soprattutto per chi deve affrontare un incipiente freddo autunno nel nord d’Italia.
Si tratta di un inaccettabile ritardo dovuto alla mancanza di idonei fondi». Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, avendo ricevuto alcune segnalazioni da cittadini privati della libertà o da loro familiari.
Si tratta di un inaccettabile ritardo dovuto alla mancanza di idonei fondi». Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, avendo ricevuto alcune segnalazioni da cittadini privati della libertà o da loro familiari.
«All'inizio della primavera – ricorda – nella prospettiva di inaugurare a giugno 2014 i caseggiati del Villaggio Penitenziario di Uta, il Dipartimento ha disposto il trasferimento dei ristretti di Buoncammino in regime di alta sicurezza in altre Case di Reclusione. Alcuni hanno trovato posto in Sardegna, a Tempio e/o Oristano, molti altri invece hanno preso la strada della Penisola. Da allora sono passati 6 mesi e, non solo non sono state aperte le sezioni di Uta, ma gli scatoloni dei detenuti continuano a restare bloccati a Buoncammino».
«Le norme – sottolinea la presidente di SDR – sono molto chiare e prevedono che il trasferimento dei bagagli al seguito del ristretto deve avvenire, con una certa sollecitudine, a carico dell’amministrazione quando lo spostamento di sede è voluto dal DAP. Non sempre però questo accade. Spesso mancano i fondi necessari. Alcuni detenuti, con disponibilità economiche, hanno provveduto infatti da subito a pagare le spese dei pacchi. Altri invece privi di mezzi e talvolta senza familiari sono costretti ad aspettare. La situazione diventa paradossale se le spese dello Stato sono sostenute da volontari o dal cappellano del carcere il cui compito non è sicuramente quello di aiutare il Ministero della Giustizia».
«E’ urgente – conclude Caligaris – un intervento del DAP affinché le persone che hanno dovuto lasciare Buoncammino possano tornare il possesso del bagaglio anche perché si tratta di ingombri che occupano spazio prezioso in un Istituto ormai in dismissione».
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