“Dissonanze criminologiche”
La Sardegna non può più essere considerata una regione esente dal fenomeno mafioso.
ALGHERO / Operazioni immobiliari e discutibili presenze in alcune attività commerciali – specie nei territori economicamente dinamici – costituiscono un inconfondibile segnale di allarme che non dovrà essere sottovalutato, pena l’irreversibile degrado del tessuto socio-economico sardo che rimarrebbe ostaggio della malavita organizzata così come è storicamente consolidata nell’Italia meridionale.
Le para-organizzazioni criminali sarde sono infatti entrate in crisi a seguito della Legge 82/91 sul blocco dei beni alle famiglie dei sequestrati, e il vuoto da esse lasciato sta facilitando l’inserimento di organizzazioni criminali esterne grazie anche a connivenze malavitose autoctone.
Lo ha evidenziato l'antropologo Pier Paolo Sannia in occasione della presentazione del libro “Dissonanze criminologiche” (autori: Alessandro Ceci e Liliana Montereale – Isbiskos Editrice Risolo, Empoli, 2014).
A commentarne i contenuti è stato l’Avv. Elias Vacca – penalista, patrocinante in Cassazione nonché già membro del Parlamento italiano nella XV legislatura – il quale ha voluto sottolineare la preziosità del libro per la prospettazione poliedrica delle problematiche trattate che – dal bullismo al femminicidio, dal terrorismo ai conflitti internazionali, dal fenomeno mafioso alla microcriminalità fino all’uso dei mezzi di informazione – spesso conducono ad un unico movente, riconoscibile nella propensione degli individui ad esercitare ciascuno il potere sull’altro anche verso i suoi massimi estremi che si configurano con l’omicidio.
Gli Autori pongono al centro del loro interessante saggio la intuizione che fu di Bertrand Russell secondo cui il Potere sta alle Scienze Sociali come l’Energia sta alla Fisica. Da questo concetto parte l'impianto metodologico dell'analisi criminologica, proposto da Ceci e Montereale.
Ed effettivamente non ci sarebbe atto criminoso se i valori della libertà e del rispetto per l’altro, fossero applicati alla lettera. Purtroppo, invece, la storia dell’Umanità è solcata di sopraffazioni: dei ricchi sui poveri, dei potenti sugli inermi, degli adulti sui bambini, delle grandi potenze sui piccoli stati e le etnie.
In tutti tali eventi, grande importanza assume il mondo della comunicazione. La intuizione originale degli Autori del saggio sta infatti nell’aver definito il mondo della comunicazione come soggetto produttore della realtà. È una dimensione che ancora sfugge alla pluralità della gente; ma la dimostrazione si ritrova nei livelli di percezione della insicurezza delle persone perché l’insicurezza produce paura e la paura è uno stato emozionale con cui si governano i sistemi. L’induzione alla paura – specie attraverso i media – orienta i comportamenti collettivi: ne è la riprova che quando in un sistema nazionale essa prevale a causa di eventi legati alla criminalità, allora l’elettorato si orienta verso le posizioni di destra; mentre quando la paura è nella perdita del posto di lavoro, allora l’elettorato si orienta verso la sinistra.
Non fanno eccezione i casi in cui la induzione alla paura è funzionale alla applicazione di strumenti restrittivi della libertà collettiva finalizzati al controllo politico dei cittadini. Il risultato è che ogni irrigidimento delle norme sulla sicurezza conduce alla riduzione degli spazi di libertà e, con essa, al degrado della qualità della vita. Il vero antidoto a tali fenomeni invece sta nell’aumentare gli spazi di partecipazione democratica perché soltanto attraverso la legalità e la trasparenza potrà esser arginato ogni fenomeno malavitoso.
La conferenza, organizzata dal Centro di Studi & Politica “Giuseppe Toniolo” in collaborazione con la Fondazione META e la libreria Il Labirinto, ha visto la partecipazione di un pubblico qualificato, fra cui docenti, esperti in diritto, psicologia ed investigazione.
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