I lunedì con la Poesia
Pier Luigi Alvau proporrà come quinto appuntamento della stagione 2014-15 il recital dedicato alle opere di Emily Dickinson, Fernando Pessoa, Dino Campana e Jacques Prévert.
Emily Dickinson (1830-1886) nacque a Amherst, la cittadina del Massachusetts dove condusse tutta la sua esistenza tra le mura e il giardino della casa paterna. Riconosceva in sé la stessa forza indomita e visionaria dei suoi grandi contemporanei e conterranei, i maestri del “Rinascimento americano”. Pubblicare era però estraneo al suo pensiero. Ma, subito dopo la sua morte, edizioni delle sue poesie si succedettero con grande successo, contese tra gli eredi. Ordinate in fascicoli legati a mano, o annotate su semplici fogli manoscritti, le 1775 poesie della Dickinson costituiscono uno straordinario canzoniere, un labirinto di emozioni e stati d’animo, interrogativi metafisici ed esatte descrizioni naturali, paesaggi attoniti, fiabe sorprendenti, parabole eterodosse, meditazioni vertiginose sulla morte e l’immortalità, canti d’amore, verità semplicissime o indecifrabili. Forse nessun classico conserva ancora, a distanza di oltre un secolo, una voce così particolare e insieme universale, tanto domestica e insieme selvatica.
FERNANDO PESSOA (1888-1935)
La sua vita scorre per meno di cinquant’anni in un apparente grigiore. Scapolo, piccolo borghese piuttosto trascurato nel vivere e nel vestire, vincolato per lunghi periodi al gineceo familiare, cultore di studi esoterici, Pessoa si mantiene traducendo lettere commerciali per diverse ditte di Lisbona. Il contributo che riesce a dare allo sviluppo della poesia portoghese del Novecento è però determinante, nonostante le poche pubblicazioni in vita, che oltre a significare comparse sulle riviste dell’avanguardia portoghese includono solo il poemetto Mensagem (1934) e alcune plaquettes di versi inglesi. Tutto si celava man mano in un “baule pieno di gente”, dove per anni si accumularono i testi e si moltiplicarono le figure poetiche immaginate dal poeta.
“Da quando ho coscienza di me stesso, mi sono accorto di un’innata tendenza in me per la mistificazione, per la menzogna artistica”: così Fernando Pessoa indicava le vene della sua esperienza letteraria, per noi oggi una delle più rappresentative dell’ambiguità complessa del Novecento.
DINO CAMPANA (1885-1932)
La leggenda del “poeta pazzo” ha troppo spesso favorito una lettura riduttiva dei Canti Orfici, e troppo spesso si è cercato di scovare il segno della follia nelle immagini e nelle ripetizioni ossessive dei suoi versi, nella potente trasfigurazione della realtà concreta in simbolo sublime ed enigmatico di un’altra realtà. Certo, la vita di DINO CAMPANA pone interrogativi essenziali che riguardano l’arte nei suoi rapporti con la psiche, con le convenzioni sociali, con la dimensione “autre” dell’esistenza, ma i Canti Orfici non sono espressione del “maledettismo” o della follia. Sono piuttosto una ricerca consapevole e ostinata della pienezza, del riscatto della vita attraverso un’idea alta di Poesia, che si nutre nella tradizione tardottocentesca e dell’arte dei grandi maestri del colore (Leonardo, Michelangelo, ma anche Cézanne, i cubisti, i futuristi), e che avvia, con timbro inconfondibile, la moderna poesia italiana. Viaggio reale attraverso città antiche d’Italia, montagne luminose, famose città del Nord, praterie sconfinate dell’Argentina, i Canti Orfici sono anche un viaggio notturno e inquietante dietro l’immagine intravista di lei, simbolo della poesia, volto sfuggente di donna.
In una fredda giornata di dicembre del 1913 Giovanni Papini e Ardegno Soffici, i celebri direttori della rivista fiorentina “Lacerba”, trovarono sulla porta della redazione un uomo giovane, dall’aspetto tedesco, infreddolito nell’abito logoro e troppo leggero. DINO CAMPANA consegnò loro il manoscritto del libro che doveva essere la “sola difesa e giustificazione” della sua vita. Nato a Marrani, sull’Appennino tosco-romagnolo, nel 1913 Campana aveva già conosciuto il manicomio ed il carcere, gli insuccessi e le incomprensioni, la vita errabonda e infiniti mestieri in Italia, in Europa e in Sudamerica. Nel libro della sua vita, intitolato Il più lungo giorno, aveva raccontato le sue notti e le sue albe, i viaggi e i ritorni, le città e le montagne. Ma, tra le mille occupazioni dei due letterati fiorentini, la raccolta andò perduta (riemergerà nel 1971), e il poeta sarà costretto a riscriverla. Mutato e accresciuto rispetto alla prima redazione, il libro, col nuovo titolo Canti Orfici, esce a Marrani nel 1914, richiamando l’attenzione dei lettori più avvertiti; poi, complice la guerra, complice forse la breve ma passionale storia d’amore con la scrittrice Sibilla Aleramo, Campana precipita nella notte che da tempo lo insidia. Nel gennaio 1918 viene ricoverato in manicomio, e nel cronicario di Castel Pulci, vicino a Firenze, concluderà la sua esistenza.
JACQUES PRÉVERT (1900-1977)
Nasce a Neuilly-sur-Seine nel 1900 ed in Bretagna trascorre diversi anni della sua infanzia. Giovanissimo conosce André Breton, Raymond Queneau e i surrealisti ed entra a far parte di questo gruppo, interessato all’arte populista.
Negli anni tra il 1932 ed il 1937 si dedica attivamente al teatro, e scrive testi messi in scena dal "Groupe Octobre", una compagnia teatrale di sinistra. Lavora anche nel cinema e nel mondo della musica; i testi delle sue prime canzoni, musicate da Joseph Kosma, verranno interpretate da cantanti famosi come Juliette Grèco e Yves Montand. Nel 1938 si trova ad Hollywood per continuare la sua attività nel campo cinematografico. Scrive il soggetto per un film di M. Carnè, il celebre “Porto delle nebbie”, interpretato da Jean Gabin. Gli anni dal 1939 al '44 sono caratterizzati da una discreta attività cinematografica, ma nel 1945 riprende l'attività teatrale con la rappresentazione di un balletto cui collabora anche Pablo Picasso. E' del 1945 la celebre raccolta di poesia 'Parole'. Nel 1947 sposa Janine Tricotet, da cui aveva avuto una figlia, Michèle. Tra il 1951 ed il 1955 escono altre sue raccolte e nel 1955 è pubblicata 'La pioggia e il bel tempo'. In quegli anni comincia a dedicarsi ad un'altra attività artistica, quella dei collages, che due anni dopo esporrà alla galleria Maeght e scrive due saggi: 'L'univers de Klee' e 'Joan Mirò'. Nel 1963 pubblica 'Histories et d'autres histories' e nel 1972 esce la raccolta 'Choses et autres' seguita, nel 1976, da 'Arbres'.
Morirà a Parigi l'11 aprile 1977, stroncato da un cancro al polmone.
ALGHERO / Prosegue la programmazione del decennale de I lunedì con la Poesia, la rassegna artistico-letteraria leader in Sardegna nel campo dei “reading” poetici. Molte iniziative infatti, nel corso degli anni e particolarmente negli ultimi periodi, hanno cercato e cercano d’imitarne il “format” tentando invano di ricalcarne il successo.
Lunedì 16 marzo nella sala “Biblioteca Siotto”, Via Marconi n. 10, Pier Luigi Alvau proporrà come quinto appuntamento della stagione 2014-15 il recital dedicato alle opere di Emily Dickinson, Fernando Pessoa, Dino Campana e Jacques Prévert(4).
La rassegna continua la propria programmazione inaugurata lo scorso novembre per il decimo anno consecutivo.
I lunedì con la Poesia passano indenni da certi fragori momentanei e d’occasione che vengono proposti sporadicamente a ridosso di particolari festività od eventi (Giornata Mondiale della Poesia, Dia del llibre i de la rosa, Festa de Sant Miquel, Cap d’Any, etc.).
Va ricordato, ad ogni modo, che Alvau è stato il primo a celebrare ad Alghero, peraltro sotto l’egida dell’UNESCO, la giornata Mondiale della Poesia.
Comunque la forza de I lunedì con la Poesia consiste anche nella continua e costante proposta negli anni nonostante i forzati limiti finanziari (va rimarcato che non vi è alcun intervento economico né da parte pubblica né da parte privata). Ciò però non è mai andato a detrimento della dignità e professionalità dei programmi proposti negli anni, da sempre apprezzati dalla critica e sempre di più dal qualificato settore di pubblico che l’iniziativa di Pier Luigi Alvau ha saputo attrarre e coinvolgere.
Il “Decennale” de I lunedì con la Poesia celebra, a tutti gli effetti, l’appuntamento culturale più consolidato e prestigioso degli inverni algheresi ed uno dei calendari più rinomati della Sardegna.
PROGRAMMA
EMILY DICKINSON (1830-1886)Emily Dickinson (1830-1886) nacque a Amherst, la cittadina del Massachusetts dove condusse tutta la sua esistenza tra le mura e il giardino della casa paterna. Riconosceva in sé la stessa forza indomita e visionaria dei suoi grandi contemporanei e conterranei, i maestri del “Rinascimento americano”. Pubblicare era però estraneo al suo pensiero. Ma, subito dopo la sua morte, edizioni delle sue poesie si succedettero con grande successo, contese tra gli eredi. Ordinate in fascicoli legati a mano, o annotate su semplici fogli manoscritti, le 1775 poesie della Dickinson costituiscono uno straordinario canzoniere, un labirinto di emozioni e stati d’animo, interrogativi metafisici ed esatte descrizioni naturali, paesaggi attoniti, fiabe sorprendenti, parabole eterodosse, meditazioni vertiginose sulla morte e l’immortalità, canti d’amore, verità semplicissime o indecifrabili. Forse nessun classico conserva ancora, a distanza di oltre un secolo, una voce così particolare e insieme universale, tanto domestica e insieme selvatica.
La mia ruota è nel buio …
Io non l’ho detto ancora …
Più dolce appare il successo …
Perduta quando già ero in salvo …
Mi piace un volto d’agonia …
Un uccello discese sul sentiero …
Per la morte - o piuttosto …
Morendo, udivo ronzare …
Se tu venissi in autunno …
L’incertezza è più ostile della morte …
Molte volte pensai …
Da un vuoto all’altro …
Chi conosce giganti …
Da un’asse all’altra avanzavo …
Il mare disse …
Marzo: mese di attesa …
La folla dentro il cuore …
FERNANDO PESSOA (1888-1935)
La sua vita scorre per meno di cinquant’anni in un apparente grigiore. Scapolo, piccolo borghese piuttosto trascurato nel vivere e nel vestire, vincolato per lunghi periodi al gineceo familiare, cultore di studi esoterici, Pessoa si mantiene traducendo lettere commerciali per diverse ditte di Lisbona. Il contributo che riesce a dare allo sviluppo della poesia portoghese del Novecento è però determinante, nonostante le poche pubblicazioni in vita, che oltre a significare comparse sulle riviste dell’avanguardia portoghese includono solo il poemetto Mensagem (1934) e alcune plaquettes di versi inglesi. Tutto si celava man mano in un “baule pieno di gente”, dove per anni si accumularono i testi e si moltiplicarono le figure poetiche immaginate dal poeta.
“Da quando ho coscienza di me stesso, mi sono accorto di un’innata tendenza in me per la mistificazione, per la menzogna artistica”: così Fernando Pessoa indicava le vene della sua esperienza letteraria, per noi oggi una delle più rappresentative dell’ambiguità complessa del Novecento.
Abdicazione
Sull’orlo qui della spiaggia …
Con chi m’hanno confuso …
E tutta la notte la pioggia è venuta …
Ho cessato di essere colui …
È blando il giorno …
Quel che mi duole non è …
Nel malessere in cui vivo …
Quand’ero bambino …
Fu un momento …
Nell’oro senza fine …
I tuoi occhi intristiscono …
Il sonno che discende su di me …
Autopsicografia (Il poeta è un fingitore …)
Tutte le lettere d’amore …
Non sono niente …
DINO CAMPANA (1885-1932)
La leggenda del “poeta pazzo” ha troppo spesso favorito una lettura riduttiva dei Canti Orfici, e troppo spesso si è cercato di scovare il segno della follia nelle immagini e nelle ripetizioni ossessive dei suoi versi, nella potente trasfigurazione della realtà concreta in simbolo sublime ed enigmatico di un’altra realtà. Certo, la vita di DINO CAMPANA pone interrogativi essenziali che riguardano l’arte nei suoi rapporti con la psiche, con le convenzioni sociali, con la dimensione “autre” dell’esistenza, ma i Canti Orfici non sono espressione del “maledettismo” o della follia. Sono piuttosto una ricerca consapevole e ostinata della pienezza, del riscatto della vita attraverso un’idea alta di Poesia, che si nutre nella tradizione tardottocentesca e dell’arte dei grandi maestri del colore (Leonardo, Michelangelo, ma anche Cézanne, i cubisti, i futuristi), e che avvia, con timbro inconfondibile, la moderna poesia italiana. Viaggio reale attraverso città antiche d’Italia, montagne luminose, famose città del Nord, praterie sconfinate dell’Argentina, i Canti Orfici sono anche un viaggio notturno e inquietante dietro l’immagine intravista di lei, simbolo della poesia, volto sfuggente di donna.
In una fredda giornata di dicembre del 1913 Giovanni Papini e Ardegno Soffici, i celebri direttori della rivista fiorentina “Lacerba”, trovarono sulla porta della redazione un uomo giovane, dall’aspetto tedesco, infreddolito nell’abito logoro e troppo leggero. DINO CAMPANA consegnò loro il manoscritto del libro che doveva essere la “sola difesa e giustificazione” della sua vita. Nato a Marrani, sull’Appennino tosco-romagnolo, nel 1913 Campana aveva già conosciuto il manicomio ed il carcere, gli insuccessi e le incomprensioni, la vita errabonda e infiniti mestieri in Italia, in Europa e in Sudamerica. Nel libro della sua vita, intitolato Il più lungo giorno, aveva raccontato le sue notti e le sue albe, i viaggi e i ritorni, le città e le montagne. Ma, tra le mille occupazioni dei due letterati fiorentini, la raccolta andò perduta (riemergerà nel 1971), e il poeta sarà costretto a riscriverla. Mutato e accresciuto rispetto alla prima redazione, il libro, col nuovo titolo Canti Orfici, esce a Marrani nel 1914, richiamando l’attenzione dei lettori più avvertiti; poi, complice la guerra, complice forse la breve ma passionale storia d’amore con la scrittrice Sibilla Aleramo, Campana precipita nella notte che da tempo lo insidia. Nel gennaio 1918 viene ricoverato in manicomio, e nel cronicario di Castel Pulci, vicino a Firenze, concluderà la sua esistenza.
La notte
La chimera
Giardino autunnale
Lettera aperta a Manuelita Etchegarray
Barche amorrate (le vele, le vele, le vele …)
JACQUES PRÉVERT (1900-1977)
Nasce a Neuilly-sur-Seine nel 1900 ed in Bretagna trascorre diversi anni della sua infanzia. Giovanissimo conosce André Breton, Raymond Queneau e i surrealisti ed entra a far parte di questo gruppo, interessato all’arte populista.
Negli anni tra il 1932 ed il 1937 si dedica attivamente al teatro, e scrive testi messi in scena dal "Groupe Octobre", una compagnia teatrale di sinistra. Lavora anche nel cinema e nel mondo della musica; i testi delle sue prime canzoni, musicate da Joseph Kosma, verranno interpretate da cantanti famosi come Juliette Grèco e Yves Montand. Nel 1938 si trova ad Hollywood per continuare la sua attività nel campo cinematografico. Scrive il soggetto per un film di M. Carnè, il celebre “Porto delle nebbie”, interpretato da Jean Gabin. Gli anni dal 1939 al '44 sono caratterizzati da una discreta attività cinematografica, ma nel 1945 riprende l'attività teatrale con la rappresentazione di un balletto cui collabora anche Pablo Picasso. E' del 1945 la celebre raccolta di poesia 'Parole'. Nel 1947 sposa Janine Tricotet, da cui aveva avuto una figlia, Michèle. Tra il 1951 ed il 1955 escono altre sue raccolte e nel 1955 è pubblicata 'La pioggia e il bel tempo'. In quegli anni comincia a dedicarsi ad un'altra attività artistica, quella dei collages, che due anni dopo esporrà alla galleria Maeght e scrive due saggi: 'L'univers de Klee' e 'Joan Mirò'. Nel 1963 pubblica 'Histories et d'autres histories' e nel 1972 esce la raccolta 'Choses et autres' seguita, nel 1976, da 'Arbres'.
Morirà a Parigi l'11 aprile 1977, stroncato da un cancro al polmone.
Lo sforzo umano
Il pericoloso e tenero volto dell’amore
Sabbie mobili
Canzone
Barbara
I ragazzi che si amano
Canzone del carceriere
Le foglie morte
Per te amore mio
Paris at night
Questo amore
Altri in
Recenti in
Recenti in
Commenti