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sabato 1 settembre 2012

La magia di Elementos tra le pietre della storia

di Chiara Murru
Il successo di questa performance è un esempio di cosa succede quando il teatro contemporaneo sposa la tradizione e il territorio.          

foto di Costantino Idini

Elementos

Obiettivo quasi esclusivo del lavoro teatrale condotto da Spazio-T e Teatro d'Inverno, in una fase di rinnovamento dopo vent'anni di attività sul territorio regionale è fare teatro, fuori dal teatro.

Questa non è certo una novità e i teatranti lo sanno bene.

I motivi di questa che ormai è diventata una consuetudine di molte compagnie, festival e rassegne teatrali in Italia e all'estero meriterebbero un'analisi sicuramente più approfondita, ma chi scrive ha ricevuto un'educazione teatrale più dedita al “fare” che al “parlare”.

E così diciamo semplicemente che una volta individuato il problema, si è cercata la soluzione. Il teatro ha iniziato un lungo processo ancora in corso, di riscoperta delle sue origini più antiche, quelle del rito e dei suoi luoghi originari, la piazza, la città, le periferie.

Con questa premesse è nato lo spettacolo Elementos, un lavoro work in progress iniziato quattro anni fa con un intenso lavoro di ricerca sulle maschere antropomorfe dei mamuthones realizzate dallo scultore Franco Sale a Mamoiada, con il supporto della giovane antropologa visuale Laura Piras.

Nello stesso tempo abbiamo iniziato a interrogarci sul territorio e su ciò che offre e abbiamo individuato dei luoghi “non convezionali” alla cui valorizzazione avremmo voluto contribuire, considerandoli sempre come una risorsa per il nostro lavoro di ricerca e non semplicemente come qualcosa da promuovere e comunicare, cercando letteralmente di far vivere, di far respirare il luogo individuato.

Nella caso dello spettacolo Elementos il risultato è un vero e proprio rituale narrativo tra aria, acqua, terra e fuoco, articolato all'interno del villaggio nuragico di Palmavera, un luogo affascinante al centro del quale si ha la precisa sensazione di poter toccare mare e cielo con un dito.

In quello che è un vero e proprio viaggio performativo al tramonto, tra le pietre del sito archeologico i moltissimi turisti, ma anche i tanti algheresi che numerosi hanno preso parte alla manifestazione, hanno scoperto o ri-scoperto la tradizione attraverso l'innovazione, con le maschere che lasciano il tradizionale costume e ritrovano il loro corpo e il legame con gli elementi, e con le suggestive musiche firmate da Frantziscu Medda Arrogalla, dj e produttore electro dub di Quartu Sant'Elena che attinge e rielabora sonorità naturali ed elementi del patrimonio musicale tradizionale e popolare della Sardegna.

Queste credo siano le ragioni del successo di questo viaggio narrativo-performativo tra terra, acqua, aria e fuoco, tra danza, parole e musica che al Nuraghe Palmavera ha trovato un ambiente naturalmente accogliente e ospitale dove poter cantare, danzando.

Tutto questo ovviamente non sarebbe stato possibile senza il contributo artistico e umano delle persone con le quali lavoro: Giuseppe Ligios, Maurizio Pulina e Laura Petrucci, dei giovani performer che instancabili ci alimentano con la loro energia, la loro creatività e il loro talento - Martina Masala, Giulia Izza, Elena Muresu, Anna Giulia Meloni, Samuel Puggioni e Marco Velli – senza la disponibilità della Cooperativa Silt e il sostegno della Fondazione Meta e del Comune di Alghero.

Chiara Murru è docente dello Spazio-T, scuola di teatro e centro di aggregazione e produzione teatrale di Alghero e regista. 

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