Abuso di potere
Come spiegarlo ad una figlia?
Paola Correddu |
“Com’è misera la vita negli abusi di potere” cantava Battiato.
E sono proprio queste le parole che mi sono venute in mente quando mia figlia, quindicenne, mi ha chiesto informazioni sulla triste vicenda di Stefano Cucchi, il ragazzo di 31 anni morto dopo sei giorni di detenzione, vittima di un violento pestaggio mentre si trovava sotto la custodia degli agenti di polizia penitenziaria.
Abuso di potere nel senso di uso eccessivo della autorità conferita dal ruolo che si riveste.
E sono proprio queste le parole che mi sono venute in mente quando mia figlia, quindicenne, mi ha chiesto informazioni sulla triste vicenda di Stefano Cucchi, il ragazzo di 31 anni morto dopo sei giorni di detenzione, vittima di un violento pestaggio mentre si trovava sotto la custodia degli agenti di polizia penitenziaria.
Abuso di potere nel senso di uso eccessivo della autorità conferita dal ruolo che si riveste.
Nel caso dei tutori della legge l’abuso si configura quando in qualità di pubblici ufficiali sottopongono a misure di rigore non consentite dalla legge persone arrestate o detenute, di cui hanno affidata la custodia.
Ho cercato di spiegare a mia figlia che uno Stato, per garantire la convivenza civile, si da delle regole e per farle rispettare si serve delle forze dell’ordine (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria) che hanno il dovere di intervenire nel momento in cui c’è qualcuno o più di uno che quelle regole non vuole rispettarle arrecando danno agli altri.
Da figlia di un agente della Polizia di Stato ho sempre avuto massimo rispetto per chi svolge questo delicato compito. Li ho sempre visti come operatori al servizio dei cittadini, pronti ad intervenire con gli strumenti che la legge mette loro a disposizione.
Ho detto a mia figlia che Polizia, Carabinieri, hanno il dovere di arrestare chi compie un reato così come la Polizia Penitenziaria ha il dovere di sorvegliare chi si trova in stato di detenzione. Ma nessuno di loro, ho sottolineato con enfasi, nessuno di loro ha il diritto di fare giustizia al di fuori della legge, di infliggere punizioni, violenze fisiche e psicologiche, umiliazioni. Anche se l’arrestato o il detenuto fosse il più feroce assassino presente sulla faccia della terra.
Perché è questo che contraddistingue uno Stato Civile, dove la dignità umana è garantita per tutti, da uno Stato dove ognuno pensa di avere il poter di farsi giustizia da solo e di infliggere pene senza un regolare processo. In uno Stato Civile nessuno deve morire come è morto Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva. E soprattutto in uno Stato Civile non si nasconde la verità e non si coprono i colpevoli solo perché fanno parte di un apparato dello Stato che va difeso a tutti i costi.
Quello di Stefano Cucchi è un chiaro esempio di abuso di potere in cui gli agenti che lo avevano in custodia e agivano a nome e per conto dello Stato, si sono scordati che era loro preciso dovere garantire l’incolumità del detenuto, arrogandosi arbitrariamente il diritto di punire severamente un ragazzo, che nel loro immaginario era persona priva di diritti perché considerato un “tossico di merda”.
Queste persone che dimenticano qual è il proprio dovere, offendono i cittadini, insultano lo Stato per cui lavorano e gettano discredito su tutti i loro colleghi che lavorano con passione e zelo , offuscandone l’immagine pubblica.
Ho cercato di spiegare a mia figlia che uno Stato, per garantire la convivenza civile, si da delle regole e per farle rispettare si serve delle forze dell’ordine (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria) che hanno il dovere di intervenire nel momento in cui c’è qualcuno o più di uno che quelle regole non vuole rispettarle arrecando danno agli altri.
Da figlia di un agente della Polizia di Stato ho sempre avuto massimo rispetto per chi svolge questo delicato compito. Li ho sempre visti come operatori al servizio dei cittadini, pronti ad intervenire con gli strumenti che la legge mette loro a disposizione.
Ho detto a mia figlia che Polizia, Carabinieri, hanno il dovere di arrestare chi compie un reato così come la Polizia Penitenziaria ha il dovere di sorvegliare chi si trova in stato di detenzione. Ma nessuno di loro, ho sottolineato con enfasi, nessuno di loro ha il diritto di fare giustizia al di fuori della legge, di infliggere punizioni, violenze fisiche e psicologiche, umiliazioni. Anche se l’arrestato o il detenuto fosse il più feroce assassino presente sulla faccia della terra.
Perché è questo che contraddistingue uno Stato Civile, dove la dignità umana è garantita per tutti, da uno Stato dove ognuno pensa di avere il poter di farsi giustizia da solo e di infliggere pene senza un regolare processo. In uno Stato Civile nessuno deve morire come è morto Stefano Cucchi, Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva. E soprattutto in uno Stato Civile non si nasconde la verità e non si coprono i colpevoli solo perché fanno parte di un apparato dello Stato che va difeso a tutti i costi.
Quello di Stefano Cucchi è un chiaro esempio di abuso di potere in cui gli agenti che lo avevano in custodia e agivano a nome e per conto dello Stato, si sono scordati che era loro preciso dovere garantire l’incolumità del detenuto, arrogandosi arbitrariamente il diritto di punire severamente un ragazzo, che nel loro immaginario era persona priva di diritti perché considerato un “tossico di merda”.
Queste persone che dimenticano qual è il proprio dovere, offendono i cittadini, insultano lo Stato per cui lavorano e gettano discredito su tutti i loro colleghi che lavorano con passione e zelo , offuscandone l’immagine pubblica.
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