Se un intero popolo perde la memoria
Oltre 35 corpi crivellati dai proiettili sparati ad altezza d’uomo. La storia si ripete?
Sì, purtroppo. E non come la massima marxiana che vorrebbe la ripetizione della storia come farsa, ma ancora una volta, quando si tratta di reazioni agli scioperi e alle rivendicazioni operaie, come tragedia.
Un massacro. La polizia sudafricana ha reagito sparando a raffica sui minatori in sciopero. Le notizie di agenzia, diramate in ogni angolo del pianeta sulla base della ricostruzione dei fatti fornita dalle autorità e dalla polizia, è stata riportata, in quella unica chiave di lettura, dagli organi di stampa italiani.
A Marikana, uno delle più grandi miniere per l’estrazione di platino al mondo, alcune migliaia di lavoratori scioperano, dallo scorso 8 agosto, per ottenere migliori condizioni di lavoro e di vita.
Antonio Budruni |
Un massacro. La polizia sudafricana ha reagito sparando a raffica sui minatori in sciopero. Le notizie di agenzia, diramate in ogni angolo del pianeta sulla base della ricostruzione dei fatti fornita dalle autorità e dalla polizia, è stata riportata, in quella unica chiave di lettura, dagli organi di stampa italiani.
A Marikana, uno delle più grandi miniere per l’estrazione di platino al mondo, alcune migliaia di lavoratori scioperano, dallo scorso 8 agosto, per ottenere migliori condizioni di lavoro e di vita.
La media dei salari operai, per la quasi totalità neri, è di circa 400 euro mensili: insufficienti per assicurare livelli di vita dignitosa e, comunque, insufficienti a compensare il durissimo lavoro di estrazione del minerale dalle viscere della terra.
La compagnia inglese, titolare dei diritti di sfruttamento, rifiuta ogni ipotesi di accordo e minaccia di licenziare tutti i lavoratori se continueranno nell’azione di sciopero.
Esasperati, gli operai resistono. Ma da qualche giorno, si sono aperte delle crepe nella granitica volontà di andare avanti. Qualcuno vuole tornare al lavoro. Scoppiano risse tra operai e ci scappa qualche morto. Lo scorso giovedì, di fronte a gruppi di scioperanti armati di machete e bastoni, la polizia mette da parte idranti e proiettili di gomma e spara, falciando decine di minatori. Non si registrano feriti né contusi tra le forze dell’ordine.
È da escludere, perciò, una reazione legittima in conseguenza di aggressioni e ferimenti da parte dei manifestanti. E allora, occorre fermarsi a riflettere e a chiedersi: perché?
Tra i tanti possibili, ve n’è uno che dà la misura della costanza nei comportamenti: la volontà dei datori di lavori, degli imprenditori (o dei “padroni” nel linguaggio sindacale) di fronte a scioperi e manifestazione che possono attentare allo status quo, cioè ai rapporti di forza in campo, di impedire i mutamenti, di accettare un diverso rapporto di forze.
Le situazioni mutano, sono diversi il tempo e lo spazio, ma le reazioni no.
Il primo sciopero nazionale in Italia fu proclamato subito dopo la strage di Buggerru. Anche allora l’esercito sparò ai minatori in sciopero, uccidendone tre e ferendone molti altri.
Esasperati, gli operai resistono. Ma da qualche giorno, si sono aperte delle crepe nella granitica volontà di andare avanti. Qualcuno vuole tornare al lavoro. Scoppiano risse tra operai e ci scappa qualche morto. Lo scorso giovedì, di fronte a gruppi di scioperanti armati di machete e bastoni, la polizia mette da parte idranti e proiettili di gomma e spara, falciando decine di minatori. Non si registrano feriti né contusi tra le forze dell’ordine.
È da escludere, perciò, una reazione legittima in conseguenza di aggressioni e ferimenti da parte dei manifestanti. E allora, occorre fermarsi a riflettere e a chiedersi: perché?
Tra i tanti possibili, ve n’è uno che dà la misura della costanza nei comportamenti: la volontà dei datori di lavori, degli imprenditori (o dei “padroni” nel linguaggio sindacale) di fronte a scioperi e manifestazione che possono attentare allo status quo, cioè ai rapporti di forza in campo, di impedire i mutamenti, di accettare un diverso rapporto di forze.
Le situazioni mutano, sono diversi il tempo e lo spazio, ma le reazioni no.
Il primo sciopero nazionale in Italia fu proclamato subito dopo la strage di Buggerru. Anche allora l’esercito sparò ai minatori in sciopero, uccidendone tre e ferendone molti altri.
Cinque anni più tardi (1911) a Itri – allora in provincia di Caserta – la popolazione del paese, armata, guidata e protetta dalle autorità locali e della camorra, organizzò la caccia al “sardegnolo” ammazzando – stando ai dati ufficiali del ministero dell’interno – 3 minatori e ferendone diverse decine.
Per restare nel territorio italiano, sono decine gli episodi che, lungo tutto il secolo ventesimo, hanno insanguinato le piazze e le strade del Paese. E quando non è stato sufficiente sparare contro gli scioperanti per fermare l’avanzata delle rivendicazioni operaie e popolari, si è fatto ricorso alle stragi, colpendo indiscriminatamente chiunque, in quel momento, si fosse trovato all’interno di una banca o su un treno o in una piazza.
Uno dei drammi della nostra condizione di cittadini è la perdita della memoria.
Uno dei drammi della nostra condizione di cittadini è la perdita della memoria.
Ad ogni episodio sanguinoso, ad ogni riedizione della lotta – sempre impari – tra lavoratori e imprese che si conclude con l’uccisione di lavoratori, ci si ferma a chiedersi perché. Dimenticando, appunto, che la reazione è sempre la stessa qualunque sia la latitudine, la lingua parlata, le condizioni economiche e sociali dei paesi nei quali si verificano i singoli episodi.
La storia maestra di vita? Non da noi. Purtroppo, è l’unica certezza che abbiamo. Non dimeno, occorre continuare a invitare a non dimenticare, a conservare la memoria. Nell’interesse di tutti.
Antonio Budruni è docente di diritto ed economia, scrittore e storico.
Antonio Budruni è docente di diritto ed economia, scrittore e storico.
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