Il Partito democratico algherese ha già pagato un duro prezzo per gli errori commessi.
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Budruni |
Le elezioni regionali si sono chiuse domenica sera, alle ore 22,00.
Dopo due giorni, non si conoscono i nomi dei nuovi consiglieri regionali. Dobbiamo pensare che la nuova legge elettorale, approvata dopo un percorso parecchio travagliato, con i voti della maggioranza di centro-destra e il contributo sostanziale dell’opposizione di centrosinistra, sia stata fatta e scritta molto male. E, come si sa, chi scrive male pensa anche male.
Dunque, questa legge deve essere riscritta con inchiostro democratico e inclusivo delle minoranze.
Nonostante la legge “porcata”, tuttavia, e davanti ad una astensione che deve far paura a chi ha a cuore il presente e il futuro democratico della nostra isola, il nuovo presidente è stato eletto. E, a discapito dei sondaggi farlocchi, il presidente eletto non è Cappellacci. Il nuovo presidente della Regione Autonoma della Sardegna è Francesco Pigliaru, sassarese, figlio di Antonio Pigliaru, una delle più brillanti intelligenze sarde del XX secolo, autore di una fondamentale opera di antropologia giuridica, La vendetta barbaricina come codice giuridico, di grande valore scientifico. Francesco Pigliaru è nato e cresciuto in un ambiente culturalmente molto stimolante. Sin da studente ha inseguito valori e ideali di libertà, uguaglianza ed emancipazione, militando nei movimenti della sinistra. È docente di Economia e prorettore dell’ateneo cagliaritano. Insomma, un uomo di cultura, profondo conoscitore delle dinamiche economiche e sociali.
Il nuovo Consiglio regionale avrà, dunque, una maggioranza di centrosinistra, con 36 consiglieri, ed una opposizione di centro-destra, di 24 consiglieri. Tutti gli altri, comprese le liste capeggiate da Michela Murgia (Progres, Gentes e Comunidades) che, da sola, ha superato il 10%, sono fuori dal Consiglio regionale.
Questo, in estrema sintesi, il quadro emerso dal voto del 16 febbraio, primo giorno di primavera con oltre un mese di anticipo sul calendario.
Il prossimo appuntamento con le urne, per noi algheresi, è molto vicino: 25 e 26 maggio, col doppio impegno per le europee e le comunali.
Per Alghero, senza dubbio, le elezioni comunali rappresentano un banco di prova di enorme importanza dopo la brevissima esperienza amministrativa del sindaco Lubrano a capo di una coalizione di centrosinistra. Un’esperienza, come tutti sanno, nata da un pasticcio cucinato da alcuni leader locali del Pd e finita male per altrettante responsabilità interne al Pd.
Il Pd algherese, come dicono i risultati delle regionali, ha già pagato un duro prezzo per gli errori commessi ed è probabile che continui a pagare nelle urne di maggio.
Tuttavia, il Pd non è l’unico partito della coalizione di centrosinistra in città, anche se è il più importante. Ci sono altre forze e raggruppamenti che hanno ottenuto risultati lusinghieri, dimostrando che si può affrontare una campagna elettorale a testa alta con il centrodestra algherese. Su tutti, emerge il dato di SEL che, con il 7,63%, frutto anche del grande risultato personale di Valdo di Nolfo, porta il dato percentuale algherese a doppiare quello indicato nei sondaggi nazionali per il partito di Vendola. In ogni caso, il dato complessivo del centrosinistra algherese, 7.630 voti (40,18%) è una base di partenza sulla quale è possibile – e, secondo me, doveroso – costruire una prospettiva vincente in vista delle elezioni comunali.
Intanto, bisogna guardarsi intorno e comprendere che già oggi, se il centrosinistra e la coalizione guidata da Murgia si fossero parlati, se avessero discusso pubblicamente di fronte ai rispettivi elettori, il risultato elettorale avrebbe potuto assumere proporzioni più molto diverse per entrambi gli schieramenti. Questo va detto anche per rispondere alle valutazioni auto assolutorie del centrodestra e di non pochi organi d’informazione che attribuiscono la vittoria del centrosinistra alla scelta di Pili di correre da solo.
Leggiamo i numeri in città. Il centrosinistra ha ottenuto 7.630 voti; le liste guidate da Michela Murgia, 1688. La somma è 9318. La coalizione di centro-destra ha ottenuto 8863 voti. Se sommiamo quelli della coalizione guidata da Mauro Pili (ex leader di Forza Italia in Sardegna), si arriva a 9299. So bene che non si possono sommare i voti in questo modo. Se lo faccio è solo per dimostrare che aree politiche potenzialmente aggregabili (centrosinistra e indipendentisti, da un lato, e centrodestra e altri indipendentisti “moderati” dall’altro) semplificano le scelte degli elettori e possono, nel nostro caso, determinare le condizioni per la vittoria di un polo su un altro, senza negare la rappresentanza anche a movimenti e liste con un seguito elettorale modesto.
Credo che la recente esperienza debba insegnare molto a tutti. Il primo insegnamento deriva dall’astensionismo. Se, come nel caso di Alghero, la metà della popolazione non va a votare significa che c’è un grave problema di rapporti tra la democrazia e la politica. Per molte ragioni, la metà dei nostri concittadini non si sente rappresentata, è profondamente delusa dalla politica e dai politici. Questi nostri concittadini sono convinti che tutta la politica sia sporca, brutta e cattiva. Che tutti i politici siano ladri, farabutti e cialtroni. Che nessuno di coloro che gestiscono il potere pensi agli altri: ai disoccupati, alle decine di famiglie senza reddito, ai giovani senza lavoro, alle imprese costrette a chiudere. E non si può dire che sia colpa dei grillini e dei populisti di ogni colore che martellano contro la casta e i ladri. È una questione di atti e fatti concreti, di pratiche decennali di leggi e leggine fatte dai parlamentari per i parlamentari, di privilegi inaccettabili, tanto più quando gran parte della popolazione deve stringere i denti di fronte ad una crisi così devastante.
Di fronte a tutto ciò, le parole non bastano più: occorrono i fatti. Occorre concretezza nell’approvazione di leggi che riducano concretamente sprechi e regalie, privilegi intollerabili e schiaffi in faccia alla povera gente.
Ed è anche superfluo sottolineare che il tempo a disposizione si sta rapidamente esaurendo.
Non si può dire che la politica deve fare presto e bene. La politica non esiste in quanto tale. La politica non è un concetto neutro. Esistono azioni politiche che possono essere a favore di alcuni e contro altri. Occorre, dunque, gridare forte, oggi, che il centrosinistra – in ambito nazionale, regionale e locale – deve fare concretamente scelte politiche che risolvano i problemi della maggioranza dei cittadini. Oggi, la maggioranza dei cittadini è quella che vive male, quella che non ha lavoro, che non un reddito sufficiente, che non ha prospettive di futuro. Il centro-sinistra deve approvare leggi (nazionali e regionali) che diano, subito e concretamente, le risposte necessarie. Solo così si ridurrà il distacco tra i cittadini e i partiti, tra i cittadini e “la politica”.
Non c’è più tempo per guardare solo al proprio interno, per considerare problemi veri quelli interni alle forze politiche o tra le forze politiche. I problemi veri sono fuori, tra la gente. Il modo migliore, più efficace e più democratico per risolverli è condividerli con la gente, nella più ampia trasparenza, dicendo la verità, distribuendo le risorse con equità e giustizia, secondo i principi indicati splendidamente nella nostra Costituzione.
E maggio è già molto vicino.
Il Partito democratico algherese ha già pagato un duro prezzo per gli errori commessi.
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Budruni |
Le elezioni regionali si sono chiuse domenica sera, alle ore 22,00.
Dopo due giorni, non si conoscono i nomi dei nuovi consiglieri regionali. Dobbiamo pensare che la nuova legge elettorale, approvata dopo un percorso parecchio travagliato, con i voti della maggioranza di centro-destra e il contributo sostanziale dell’opposizione di centrosinistra, sia stata fatta e scritta molto male. E, come si sa, chi scrive male pensa anche male.
Dunque, questa legge deve essere riscritta con inchiostro democratico e inclusivo delle minoranze.
Nonostante la legge “porcata”, tuttavia, e davanti ad una astensione che deve far paura a chi ha a cuore il presente e il futuro democratico della nostra isola, il nuovo presidente è stato eletto. E, a discapito dei sondaggi farlocchi, il presidente eletto non è Cappellacci. Il nuovo presidente della Regione Autonoma della Sardegna è Francesco Pigliaru, sassarese, figlio di Antonio Pigliaru, una delle più brillanti intelligenze sarde del XX secolo, autore di una fondamentale opera di antropologia giuridica, La vendetta barbaricina come codice giuridico, di grande valore scientifico. Francesco Pigliaru è nato e cresciuto in un ambiente culturalmente molto stimolante. Sin da studente ha inseguito valori e ideali di libertà, uguaglianza ed emancipazione, militando nei movimenti della sinistra. È docente di Economia e prorettore dell’ateneo cagliaritano. Insomma, un uomo di cultura, profondo conoscitore delle dinamiche economiche e sociali.
Il nuovo Consiglio regionale avrà, dunque, una maggioranza di centrosinistra, con 36 consiglieri, ed una opposizione di centro-destra, di 24 consiglieri. Tutti gli altri, comprese le liste capeggiate da Michela Murgia (Progres, Gentes e Comunidades) che, da sola, ha superato il 10%, sono fuori dal Consiglio regionale.
Questo, in estrema sintesi, il quadro emerso dal voto del 16 febbraio, primo giorno di primavera con oltre un mese di anticipo sul calendario.
Il prossimo appuntamento con le urne, per noi algheresi, è molto vicino: 25 e 26 maggio, col doppio impegno per le europee e le comunali.
Per Alghero, senza dubbio, le elezioni comunali rappresentano un banco di prova di enorme importanza dopo la brevissima esperienza amministrativa del sindaco Lubrano a capo di una coalizione di centrosinistra. Un’esperienza, come tutti sanno, nata da un pasticcio cucinato da alcuni leader locali del Pd e finita male per altrettante responsabilità interne al Pd.
Il Pd algherese, come dicono i risultati delle regionali, ha già pagato un duro prezzo per gli errori commessi ed è probabile che continui a pagare nelle urne di maggio.
Tuttavia, il Pd non è l’unico partito della coalizione di centrosinistra in città, anche se è il più importante. Ci sono altre forze e raggruppamenti che hanno ottenuto risultati lusinghieri, dimostrando che si può affrontare una campagna elettorale a testa alta con il centrodestra algherese. Su tutti, emerge il dato di SEL che, con il 7,63%, frutto anche del grande risultato personale di Valdo di Nolfo, porta il dato percentuale algherese a doppiare quello indicato nei sondaggi nazionali per il partito di Vendola. In ogni caso, il dato complessivo del centrosinistra algherese, 7.630 voti (40,18%) è una base di partenza sulla quale è possibile – e, secondo me, doveroso – costruire una prospettiva vincente in vista delle elezioni comunali.
Intanto, bisogna guardarsi intorno e comprendere che già oggi, se il centrosinistra e la coalizione guidata da Murgia si fossero parlati, se avessero discusso pubblicamente di fronte ai rispettivi elettori, il risultato elettorale avrebbe potuto assumere proporzioni più molto diverse per entrambi gli schieramenti. Questo va detto anche per rispondere alle valutazioni auto assolutorie del centrodestra e di non pochi organi d’informazione che attribuiscono la vittoria del centrosinistra alla scelta di Pili di correre da solo.
Leggiamo i numeri in città. Il centrosinistra ha ottenuto 7.630 voti; le liste guidate da Michela Murgia, 1688. La somma è 9318. La coalizione di centro-destra ha ottenuto 8863 voti. Se sommiamo quelli della coalizione guidata da Mauro Pili (ex leader di Forza Italia in Sardegna), si arriva a 9299. So bene che non si possono sommare i voti in questo modo. Se lo faccio è solo per dimostrare che aree politiche potenzialmente aggregabili (centrosinistra e indipendentisti, da un lato, e centrodestra e altri indipendentisti “moderati” dall’altro) semplificano le scelte degli elettori e possono, nel nostro caso, determinare le condizioni per la vittoria di un polo su un altro, senza negare la rappresentanza anche a movimenti e liste con un seguito elettorale modesto.
Credo che la recente esperienza debba insegnare molto a tutti. Il primo insegnamento deriva dall’astensionismo. Se, come nel caso di Alghero, la metà della popolazione non va a votare significa che c’è un grave problema di rapporti tra la democrazia e la politica. Per molte ragioni, la metà dei nostri concittadini non si sente rappresentata, è profondamente delusa dalla politica e dai politici. Questi nostri concittadini sono convinti che tutta la politica sia sporca, brutta e cattiva. Che tutti i politici siano ladri, farabutti e cialtroni. Che nessuno di coloro che gestiscono il potere pensi agli altri: ai disoccupati, alle decine di famiglie senza reddito, ai giovani senza lavoro, alle imprese costrette a chiudere. E non si può dire che sia colpa dei grillini e dei populisti di ogni colore che martellano contro la casta e i ladri. È una questione di atti e fatti concreti, di pratiche decennali di leggi e leggine fatte dai parlamentari per i parlamentari, di privilegi inaccettabili, tanto più quando gran parte della popolazione deve stringere i denti di fronte ad una crisi così devastante.
Di fronte a tutto ciò, le parole non bastano più: occorrono i fatti. Occorre concretezza nell’approvazione di leggi che riducano concretamente sprechi e regalie, privilegi intollerabili e schiaffi in faccia alla povera gente.
Ed è anche superfluo sottolineare che il tempo a disposizione si sta rapidamente esaurendo.
Non si può dire che la politica deve fare presto e bene. La politica non esiste in quanto tale. La politica non è un concetto neutro. Esistono azioni politiche che possono essere a favore di alcuni e contro altri. Occorre, dunque, gridare forte, oggi, che il centrosinistra – in ambito nazionale, regionale e locale – deve fare concretamente scelte politiche che risolvano i problemi della maggioranza dei cittadini. Oggi, la maggioranza dei cittadini è quella che vive male, quella che non ha lavoro, che non un reddito sufficiente, che non ha prospettive di futuro. Il centro-sinistra deve approvare leggi (nazionali e regionali) che diano, subito e concretamente, le risposte necessarie. Solo così si ridurrà il distacco tra i cittadini e i partiti, tra i cittadini e “la politica”.
Non c’è più tempo per guardare solo al proprio interno, per considerare problemi veri quelli interni alle forze politiche o tra le forze politiche. I problemi veri sono fuori, tra la gente. Il modo migliore, più efficace e più democratico per risolverli è condividerli con la gente, nella più ampia trasparenza, dicendo la verità, distribuendo le risorse con equità e giustizia, secondo i principi indicati splendidamente nella nostra Costituzione.
E maggio è già molto vicino.
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