Quel 3 agosto 1959, in treno, con Tore Burruni
Il prossimo 23 aprile saranno trascorsi esattamente cinquant'anni dalla conquista del suo titolo mondiale.
Carlo Mannoni |
Cinquant’anni fa, il 23 aprile del 1965, l’indimenticato Tore Burruni conquistava il titolo mondiale di pugilato dei pesi mosca battendo al Palasport di Roma il pugile tailandese Pone Kingpetch.Questa ricorrenza è fonte di un ricordo prezioso del grande “Tore” che porto con me da quegli anni.
Il titolo di questo articolo non inganni. Non ho, infatti, mai conosciuto personalmente Burruni. Però quella mattina del 3 agosto del 1959, nella corsa mattutina del “trenino”– trenino era e trenino è rimasto dopo 56 anni ! – diretto da Alghero a Sassari, mentre facevo rientro con mia madre a S.Gavino Monreale, da dove la mia famiglia stava per trasferirsi ad Alghero, in quel treno c’era idealmente anche lui, il grande pugile algherese, ed è in quell'occasione che feci la sua conoscenza.
Fu alla partenza da Alghero, in quello splendido scorcio di primo mattino estivo algherese, mentre ammiravo assorto, dalla littorina in movimento, la distesa del mare azzurro che il treno stesso quasi sfiorava, con Capo Caccia sullo sfondo e l’isola della Maddalenetta a presidiare l’incantevole litorale sabbioso sino a Fertilia, che la figura Tore Burruni quasi si materializzò, d’un tratto, tra i passeggeri diretti a Sassari.
Fu da prima un vociare, poi un interloquire ed un commentare sempre più concitati che attrassero la mia attenzione, mentre l’edizione del lunedì della Nuova Sardegna passava di mano in mano tra i passeggeri. Compresi, allora, che si trattava di qualcosa di importante tanta era la passione che coinvolgeva i viaggiatori, molti dei quali si recavano a Sassari per lavoro.
La Nuova Sardegna del lunedì 3 agosto 1959 riportava con risalto, infatti, il successo del sabato precedente, a Sassari, del pugile di Alghero contro il fortissimo boxeur argentino Horacio Accavallo, che poco tempo prima aveva battuto Burruni sul ring dell’Amsicora, a Cagliari. Una rivincita che consacrava lo stesso Burruni, già campione d’Italia, come pugile di rilievo internazionale.
In quell’occasione, avuta da mia madre la spiegazione dell’aria di festa che aveva avvolto quel mattino la littorina nel percorso Alghero-Sassari, compresi alcune cose. La prima era che il personaggio di cui si parlava poteva già essere definito senz’altro un campione. La seconda che la partecipazione con cui i suoi concittadini commentavano il gesto sportivo andava al di là del semplice tifo. La terza, infine, e forse la più significativa, che Tore Burruni era già da allora l’acclamato rappresentante di una comunità intera, quella algherese, che lo avrebbe poi elevato a proprio rappresentante ideale identificandosi in esso per un lungo periodo.
Fu da quella mattina che mi “innamorai” sportivamente del grande campione avendo avuto la fortuna, negli anni successivi, di assistere quasi a bordo ring ad alcuni dei suoi incontri più importanti tenutisi ad Alghero. Il primo, con il campione francese Albert Younsy, sul ring allestito nel cinema teatro Selva il 25 febbraio del 1961, il secondo con il pugile del Ghana Kamara Diop combattuto all’aperto nella Palestra Giordo il 2 aprile dello stesso anno, ed il terzo, sempre sul ring allestito nella Palestra Giordo, quando, il 29 giugno del 1961, conquistò contro il finlandese Lukonnen, il titolo europeo del pesi mosca.
Tore Burruni |
Salvatore Burruni sarebbe diventato campione mondiale dei pesi mosca il 23 apriledel 1965 ed il 10 gennaio del 1968 campione europeo dei pesi gallo. Un titolo mondiale e due titoli europei nella stessa carriera ed in diverse categorie! Un campione inimitabile, dunque, che arrivò a disputare 17 incontri in un solo anno mentre oggi i campioni non salgono sul ring che una volta all’anno. Ed anche un campione di una sportività e modestia immensa. Ricordo benissimo, proprio dopo l’intensissimo incontro col pugile africano Kama Diop, combattuto da due finissimi campioni, quando Tore Burruni, che vinse ai punti, disse al giornalista che lo intervistava (ero presente ed ascoltai direttamente le sue parole) che l'incontro era stato assai equilibrato e che quel suo giovane avversario era davvero un “bel pugile” .Una sportività ineguagliabile!
Le sensazioni di un dodicenne di quel 3 agosto del 1959 furono, dunque, confermate dalla carriera sportiva di Salvatore Burruni e dall’amore che Alghero seppe sempre tributargli per i suoi grandissimi meriti sportivi e per le sue caratteristiche di finissimo atleta con una classe immensa accompagnati da una innata modestia mai scalfita dai suoi successi. Come ha suggerito Tonino Budruni nel suo recente articolo su La Voce, credo sia giusto tenere sempre vivo, soprattutto per i più giovani, il ricordo di questo grande figlio di Alghero. Sarebbe una gran cosa in un’Italia che ha rischiato di dimenticare persino Pietro Mennea.
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